Pesci, Fukushima e tanti boccaloni

Prosegue l’allarmismo demenziale contro il piano di diluizione delle acque di Fukushima (fonte: https://it.jf-staeulalia.pt/)

Una moria di pesci ricopre le spiagge di Hakodate, a più di 600 chilometri a nord di Fukushima. Un fenomeno già rilevato nel 2009, nel 2014 e 2018 ma dato oggi per “inaudito”. Ovviamente, sono subito apparsi i ciarlatani che sobillano paure anti-nucleariste

Una moria di sardine e altri pesci ricopre le spiagge di Hakodate, una cittadina giapponese sita nell’isola di Okkaido, e viene subito data come “senza precedenti”. Forse in quella cittadina, poiché allargando l’area di osservazione si registrano analoghe morie nel 2009, 2014 e 2018. Quasi che fenomeni di questo tipo abbiano una certa regolarità, sebbene non con le stesse entità e localizzazioni.

Fra le ipotesi più ragionevoli, il brusco abbassamento delle temperature delle acque, come pure una massiccia pressione da parte di vari predatori che avrebbe sfinito e poi spinto verso le piagge i poveri pesci. Ma l’occasione era troppo ghiotta perché i ciarlatani no-nuke non puntassero subito il dito sullo smaltimento delle acque stoccate presso la centrale nucleare di Fukushima.

Nell’agosto scorso è infatti iniziato il piano di diluizione in mare, un piano che si prevede su scala trentennale e solo a seguito di una ulteriore diluizione preliminare pre-sversamento. Praticamente quell’acqua, opportunamente pre-diluita, verrà sversata con volumi quotidiani movimentabili con un secchiello da spiaggia. Ciò poiché la procedura è stata studiata in modo da non alterare i livelli di radioattività naturale, quella cosiddetta “di fondo”. Peraltro, si parla di trizio, un isotopo il cui nucleo presenta un protone e due neutroni, cioè uno in più dell’idrogeno “normale”. Quindi non si tratta di cesio 137 o di polonio 210. Ovvero: piantatela di spargere, voi, veleni ben più pericolosi delle radiazioni stesse.

Gli articoli precedenti

Di tale processo se n’era già parlato in passato, prima descrivendo cosa succederebbe se tutta quell’acqua venisse buttata in una volta sola non nell’Oceano Pacifico, bensì nel lago Maggiore, dimostrando che l’acqua del lago sarebbe comunque rimasta abbondantemente al di sotto delle soglie previste per la potabilità. Detto in altre parole, l’acqua del lago Maggiore, dopo lo sversamento dell’acqua triziata di Fukushima, la si potrebbe tranquillamente bere, fosse solo per le radiazioni.

Nonostante ciò, in occasione dell’inizio del piano di diluizione si scatenarono ancora polemiche e sterili speculazioni, per le quali si commentò in modo puntuale. Inutilmente, a quanto pare.

Ciarlatani a pesca, boccaloni che ci cascano

La moria di Hokadate è stata un’occasione troppo ghiotta per non cavalcare ancora l’idiozia delle acque di Fukushima. Diversi media hanno infatti riportato la notizia della moria, alcuni limitandosi a descrivere il fatto, come ogni giornale serio dovrebbe fare in attesa di conferme sulle cause. Altri, invece, hanno subito sventolato “lo spettro di Fukushima”, citando una fantomatica comunità scientifica contraria allo sversamento.

Chiariamoci, non è che fra gli scienziati non ci siano idioti e incapaci, come pure la categoria non è avulsa da furbastri speculatori o da persone talmente ideologizzate dal giustificare balle colossali pur di tirare l’acqua alle proprie posizioni pseudo-ambientaliste. Ma a tutto c’è un limite. O, almeno, dovrebbe esserci.

Le spiagge oggetto di moria sono infatti a più di 600 chilometri a nord rispetto a Fukushima: fantastico che le radiazioni abbiano compiuto una traiettoria talmente subdola da colpire lì, sull’isola di Hokkaido, senza ammazzare alcunché nel mezzo. Bastano tre neuroni per capire che tra i due fatti non può esservi alcuna correlazione.

Ciò non bastasse, le modalità stesse dello smaltimento aiutano a capire le dimensioni stellari della boiata. Il piano è su base pluridecennale: dai 30 ai 40 anni. Quattro mesi, da agosto a dicembre, sono un terzo di anno. Anche ipotizzando un rilascio costante e omogeneo di quelle acque (si ripete: già precedentemente diluite ante-sversamento) si parla di un volume che al momento non arriva forse all’1% di tutta l’acqua stoccata a Fukushima. Un niente. A conferma, al momento non si rilevano alterazioni di radioattività nelle zone stesse di rilascio, figuriamoci a distanza di 600 e passa chilometri.

Conclusioni, siamo alle solite: subdolo allarmismo basato su ipotesi bislacche, paragonabili a quelle dei no-vax quando un povero cristo muore per arresto cardiaco. Perché alla fine, a ben guardare, l’ambientalismo più becero è ormai ampiamente sovrapposto al complottismo antivaccinista.

Questo si è infatti fuso con i no-5G, con i complottisti delle Torri Gemelle e con i negazionisti dello sbarco sulla Luna, senza farsi mancare nulla nemmeno sul fronte di pesticidi, ogm e carni coltivate. Una ghenga di sbullonati facilmente manipolabili da chi, al contrario, tutto è tranne che scemo e trae vantaggi personali o associativi da sparate come quelle contro Fukushima.

Nel frattempo, però, la parte sana del Mondo va avanti, includendo il nucleare fra le fonti di energia sulle quali investire per contrastare i cambiamenti climatici. Un dato finalmente emerso dalla recente COP28 svoltasi a Dubai.

Ah, già, che sciocco: i complottisti sono spesso anche negazionisti climatici. Tutto torna.

Disclaimer 2: i bannerini pubblicitari che possono apparire nel blog sono di wordpress. Dato che adopero una versione gratuita, loro sperano che io gliela paghi mettendomi pubblicità. Ignorate ogni suggerimento a diete, prodotti o cure miracolose: sono contrarie ai contenuti del mio blog e pertanto me ne dissocio apertamente.