Vie innovative di comunicazione

Cosa ci fa seguire con emozione un evento sportivo? Quali sono le molle che ci portano a guardare con apprensione, ma anche con eccitazione, alla bagarre di una competizione? Perché la sfida, la scelta coraggiosa, difficile e rischiosa, ci esalta? Perché siamo esseri umani: un concentrato di emotività latente, soffocata molto spesso dal quotidiano senso di moderazione e continenza. Quell’abito formale che da un lato rende più facile essere compresi e accettati dalla media dei nostri inerlocutori, dall’altro ci opprime nella nostra creatività, nel nostro entusiasmo bambino verso le cose fatte solo per il gusto di farle bene e pure divertendosi. La rottura degli schemi è quel rischio che come esseri umani abbiamo sempre il languore di prenderci, ma che troppo spesso viene mitigato dal buon senso borghese e professionale. L’originalità e l’innovazione, infatti, sono spesso capite solo da una minoranza di interlocutori. Questo è il motivo per cui si è obbligati a svilire una parte della nostra creatività, piegandola alla “realpolitik” del marketing.

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Quando tutti la pensano allo stesso modo, vuol dire che nessuno pensa davvero” (anonimo)

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Ci sono poi infrazioni agli schemi che coniugano la componente umana ed emozionale della comunicazione con il tradizionale pragmatismo del marketing. Sono quei blitz fuori binario che accendono la curiosità, attraggono l’attenzione e fanno sospendere per un attimo ogni pensiero, perché quello a cui si assiste, in somma sintesi, non solo è bello ma è anche divertente. Qual’è il confine tra originalità creativa e vuoto sensazionalismo? Il contenuto, la sostanza. Anche l’azione più materiale porta con sé il germe dell’impennata fantastica. Come pure la più bizzarra delle situazioni può contenere in realtà una trama ricca di serietà professionale. Alle idee non bisogna mai mettere museruole. Esse devono nascere libere di correre, anche a rischio di essere bollate come stupidaggini. Sono la razionalità e la compentenza che semmai decideranno se farle sviluppare, investendo tempo e risorse, oppure se ricondurle docili nel nido della fantasia.

L’idea del ciclogiornalista nacque in automobile, in coda su di una tangenziale. Nacque così, senza preavviso. Come nascono tutte le idee. Una volta nata andava però nutrita. Di per sé, un tizio che pedala dietro a dei trattori è solo una curiosità che fa sorridere. Quel che serviva era darle sostanza, contenuti. In primis vennero trovati i punti di contatto fra agricoltura e ciclismo. Poi si cercarono partner qualificati e che avessero un senso per entrambi i binomi del connubio. San Patrignano è stato eletto charity partner grazie all’attinenza con l’agricoltura. Stessa cosa per Maurizio Fondriest: campione del mondo di ciclismo su strada 1988 e produttore di mele della Val di Non. E perché limitarsi solo a bruciare calorie? Il Dipartimento di Scienze Motorie di Milano venne quindi coinvolto per mettere a punto un piano sperimentale di raccolta di dati biomedici, in modo da sfruttare le informazioni prodotte dal mio corpo per due differenti tesi di dottorato. Al termine, una cerimonia collocata sapientemente nel giorno di chiusura di Fieragricola 2008 celebrò la consegna a San Patrignano del ricavato della vendita della bicicletta utilizzata per l’impresa. Sull’evoluzione dell’evento, fin dalla sua preparazione, venne data costante comunicazione. Un Blog dedicato venne infine messo a disposizione dei curiosi e dei visitatori occasionali. Dello Europe Tour si parlò perfino su Radio Montecarlo….

A distanza di due anni e mezzo dall’impresa resta davvero molto: c’è una rassegna stampa alta due dita, come pure due ricercatrici con una marea di dati da elaborare. C’è stato il consolidamento dei rapporti tra partner differenti, come pure un segnale centrato e pungente nel settore della meccanizzazione agricola. Ancora oggi, quando giro per gli stand di qualche fiera, incontro persone di cui non so il nome, ma che si ricordano de ilciclogiornalista e del “suo” Europe Tour. Da quell’idea, sbocciata in coda sulla tangenziale, è quindi nato un evento comunicativo di rara originalità, con un’elevata componente emozionale e di stupefacente efficacia mediatica. Di sicuro c’è chi non l’ha apprezzata. Certamente non a tutti sarà piaciuta. Ci sarà anche chi non l’ha proprio capita e chi l’ha misurata solo col righello della fatturazione commerciale, la morte della creatività. Ma, diciamocelo, un bel chissenefrega non vogliamo mettercelo? Tra le iniziative di comunicazione nel settore dell’agricoltura degli ultimi anni, quella dello Europe Tour e de ilciclogiornalista ha lasciato un’impronta molto più profonda di quanto si possa pensare.

In attesa ovviamente di lasciarne di ancor più profonde: io l’idea di attraversare la Karakorum Highway coi trattori l’ho già lanciata. La via della seta, tra Cina e Pakistan: 1.200 chilometri fra le vette più alte del Globo, con la quota di 4.700 mslm come punto più alto del Pianeta transitabile con dei mezzi umani. Prima o poi ci andrò a sfidare il Tetto del Mondo. Forse da solo. Forse, invece, troverò chi abbia l’intuito e la vena di follia giusta per capire che non c’è impresa senza rischio, e che non c’è niente di peggio per un’azienda di un marketing fatto senza cuorecoraggio.

Il Fieragricola Europe Tour

“ilCiclogiornalista.it” (www.ilciclogiornalista.it) è il blog che ha raccolto le esperienze maturate durante il “Fieragricola Europe Tour 2007“. Nel blog sono state raccolte schegge di viaggio e fotografie per tutta la sua durata (dal 2 al 23 settembre 2007). Tappa dopo tappa, per i circa 3 mila chilometri attraverso l’Europa Centro-Orientale. Dopo aver fatto da apripista alla comitiva di trattori in viaggio per l’Europa, smessi moementaneamente i panni del ‘ciclista’, ogni giorno è stato redatto un ‘ciclodiario’ del viaggio, riportando fatti, eventi e curiosità raccolte in giro per l’Europa.

Su “ilCiclogiornalista.it” è  possibile vedere filmati, foto e apprezzare ‘spigolature’ del viaggio che, con partenza da Verona, ha attraversato le principali capitali dell’Est Europa, per approdare nuovamente nella città scaligera. La bicicletta utilizzata è stata infine venduta all’asta e consegnata nell’ambito di ‘Fieragricola 2008’. Il ricavato è stato devoluto in beneficenza alla comunità di San Patrignano..
“ilCiclogiornalista.it” è stato quindi un evento nell’evento: un mix di agricoltura, giornalismo, sport, turismo, curiosità e tecnologia… condito da un’allegra voglia di divertire e divertirsi lavorando!

Agricoltura, due ruote e giornalismo

Un’amica e collega mi chiese che nesso ci fosse tra ciclismo e agricoltura. Domanda lecita, con un gran numero di risposte.
Innanzitutto, ciclisti e agricoltori guardano le previsioni meteo con lo stesso grado di apprensione: motivi opposti, medesima attenzione. Entrambe le categorie, infatti, vivono e operano sul territorio, all’aperto. Respirano aria di campagna, vedono gli stessi paesaggi e percorrono sovente le stesse stradine troppo  spesso trascurate dalle autorità locali. Entrambi dipendono dai capricci di stagione. Entrambi sudano, faticano (e si fanno a volte male), mettono cuore e passione in ciò che fanno, scaricando al suolo le proprie energie attraverso un sottile strato di gomma. Solo attaccare un aratro a un ciclista mi parrebbe un po’ eccessivo.
E poi, molti illustri campioni erano e sono anche agricoltori: lo era Fausto Coppi, la cui famiglia aveva una piccola fattoria sulle colline di Castellania, nell’alessandrino. Il grande Jaques Anquetil, Re normanno della cronometro, era un produttore di Champagne. Miguel Indurain ha una splendida tenuta di alcune centinaia di ettari in Spagna.
Tra gli italiani, il dualismo anni ’70-’80 tra Moser/Baronchelli era anche agricolo: produttore di mele il primo, allevatore di bestiame il secondo. Maurizio Fondriest, conterraneo più giovane di Moser, anch’egli produce mele e biciclette.
Ma non solo i grandi campioni hanno calpestato molte zolle: le province più produttive di ciclisti sono anche quelle tipicamente agricole. Trentino, Veneto, Piemonte, Romagna, Toscana, Lombardia (con prevalenza di bergamaschi e bresciani), sfornano ogni anno migliaia di giovani pedalatori. Molti di essi sono di famiglia contadina.
Anche sui guadagni, purtroppo, siamo sulla stessa lunghezza d’onda: a parte i “grandi” di entrambe le categorie, i più sputano l’anima per molti meno soldi di quanti se ne potrebbero ricavare facendo dell’altro.
Per questi motivi io, laureato in agraria e lavoratore in campo agricolo, come pure ex-agonista e ciclista appassionato, mi trovo assolutamente nei miei panni a sposare il connubio ciclo-agro-giornalistico.
ilciclogiornalista” nasce infatti per narrare all’unisono di agricoltura e paesaggio, pedalando su di una bicicletta, fors’anche con un po’ di fiatone, beccandomi acqua o sole, vento o nebbia, quello che capita insomma. Proprio come un agricoltore. Proprio Come un ciclista. Proprio come uno strano giornalista…