C’era una volta chi si credeva Napoleone

Cosa succederebbe se il Rag. Artemisio Scacabarozzi un giorno si svegliasse credendosi Napoleone? (Credits immagine: https://en.ac-illust.com/clip-art/23886527)

Un giorno un ragioniere di un paesino di provincia si convince di essere Napoleone Bonaparte, innescando una serie di eventi che coinvolgeranno tutti, volenti o nolenti

Un uomo comune in un paesino di provincia altrettanto comune. Questo il protagonista di una storia di pura fantasia che si è deciso di inventare per intrattenere e, magari, fare riflettere.

Il Rag. Artemisio Scacabarozzi nasce a Cremona, salvo poi crescere a Pizzighettone, paese di poche migliaia di anime in riva all’Adda. Fin da piccolo conduce una vita senza infamia e senza lode. Prova a giocare a calcio, ma non è un granché. Piccoletto e un po’ bruttino, non ha nemmeno successo con le ragazze e diviene adulto rimbalzando fra tanti piccoli fallimenti e delusioni. Essendo un mediocre nato, il povero Artemisio non è infatti capace nemmeno di averne di grandi.

Prende un diploma da ragioniere, con un voto di poco superiore alla sufficienza, e trova poi lavoro in un ufficio pubblico. Nulla di che, perfettamente in linea con la sua vita. Però gli consente di avere uno stipendio e di andare a vivere da solo in una casetta al limite del paese.

Anno dopo anno la sua frustrazione cresce. Senza che ve ne sia motivo, Artemisio si convince che non doveva andare così. Che non è lui ad avere importanti limiti datigli dalla biologia e dalla natura. Lui, s’illude, era destinato a grandi cose. Doveva nascere ben altro e solo un destino cinico e baro lo ha fatto nascere nel corpo di Artemisio Scacabarozzi, ragioniere.

Napoleone diviene quindi il suo riferimento: piccoletto come lui, dal pene minuscolo, come lui, ciuffo con riportino per coprire la pelata, come lui, un po’ di pancetta, come lui. Oh cielo benedetto! Ma allora lui è… come lui! Piano piano, Artemisio finisce con l’indentificarsi sempre più con il personaggio storico, con le sue gesta, con il suo aspetto. Lentamente, la sua identità originaria, di Artemisio Sacabarozzi, ragioniere, diviene sempre più evanescente. Una sorta di dissolvenza grazie alla quale il suo io biologico e sociale viene sostituito dall’io immaginario privato, fino a che un giorno viene varcata la soglia: Artemisio non si sente più Artemisio, bensì Napoleone. Non si chiama più Scacabarozzi, bensì Bonaperte.

In pieno delirio narcisistico, si guarda allo specchio e non vede più se stesso, bensì un imperatore francese che preme per tornare a camminare sul mondo. E così, il povero Artemisio va da un negozio di costumi teatrali e spende buona parte dei suoi pochi risparmi per farsi fare vestiti su misura uguali a quelli di Napoleone. Per lo meno, quelli con cui Napolenone veniva raffigurato ai tempi.

Ma Napoleone aveva anche un cavallo bianco. Allora Artemisio si fionda da un maneggio in cui un vecchio ronzino di color bianco sta per essere mandato al macello per raggiunti limiti di età e spende ciò che gli resta per portarselo a casa e lasciarlo libero nel piccolo prato annesso alla sua umile abitazione.

La metamorfosi è però incompleta: Artemisio non conosce una parola di francese. Allora si mette a studiare la lingua d’Oltralpe su vecchi libri di scuola di uno zio ormai defunto e piano piano impara anche il francese. Un po’ maccheronico, ovviamente, poiché non s’impara una lingua in modo perfetto nemmeno dopo molti anni di pratica, figuriamoci studiando per qualche mese su vecchi libri, alla sera, nella propria cameretta. Ma alle proprie orecchie, lui, parla un ottimo francese.

Come pure si ammira estasiato allo specchio, mentre si pavoneggia indossando gli abiti di pannolenci con cui il negozio di costumi teatrali ha realizzato quanto chiesto da Artemisio, ma restando entro il budget di 500 euro. Il suo cervello continua però a giocargli brutti scherzi, illudendolo di essere perfetto. In pratica, Napoleone reloaded.

Per molti anni Artemisio va al lavoro, vestito un po’ fantozzianamente. Lavora, un po’ fantozzianamente. Subisce la vita, un po’ fantozzianamente. Ma mentre le ore passano, fra una pratica burocratica e l’altra, la sua mente sorride pensando al momento in cui sarà a casa, lontano da occhi indiscreti e potrà abbandonarsi al suo momento preferito: travestirsi da Napoleone e camminare su e giù per la stanza declamando i suoi discorsi più famosi.

Quando è buio e nessuno lo può vedere, Artemisio si azzarda addirittura a uscire di casa, andare sul prato vestito da imperatore e cavalcare in circolo il povero ronzino al quale ha salvato la vita. Fino a che un giorno non ce la fa più: lui è Napoleone e tutto il mondo deve saperlo. Basta fingere, basta nascondersi. Giunta è l’ora di mostrarsi come tale.

Sconcerto e ilarità, ovviamente, sono le reazioni che genera quando la domenica successiva, vestito da Napoleone, sale in groppa al suo ronzino supposto nobile destriero e percorre la via centrale del paese declamando accalorati discorsi in francese. I suoi concittadini, che lo conosco da quand’è nato, restano basiti. Che diavolo sarà mai saltato in testa ad Artemisio per conciarsi in qual modo? Sarà uno scherzo? Sarà mica forse impazzito di colpo? Molti lo osservano, ridacchiando di nascosto giusto per non umiliarlo e offenderlo, ma nei baretti del paese i commenti si sprecano. Però, in fondo, sanno che Artemisio è un bravo cristo e quindi non fanno alcunché per impedirgli di farsi le sue passeggiate domenicali di fantasia.

Putroppo per Artemisio, però, c’è anche chi lo deride in faccia, gli fa pernacchie, lo molesta verbalmente e i più prepotenti anche fisicamente. I soliti bulli che si credono forti tormentando un debole. E quindi Artemisio scappa a casa, incredulo: nessuno lo ha riconosciuto per come lui si sente di essere. Lui si sente Napoleone, si sforza di pensare e di parlare come Napoleone. Si veste e cavalca come Napoleone (almeno lui crede). Come fanno quei bruti a non capire che lui è Napoleone?

Problema: Artemisio dimentica che la tolleranza verso di lui e le sue stranezze napoleoniche è durata finché lui stesso non ha oltrepassato il segno dell’accettabilità sociale. In reazione a chi lo sfotteva, si è infatti messo a strillare (sempre in francese) di inchinarsi e di ossequiare l’imperatore al suo passaggio. Sua Maestà, pretendeva di essere chiamato, come pure che quando impartiva un ordine al primo concittadino di passaggio, questi doveva obbedire e pure di corsa.

Ai molteplici inviti ad andare a farsi curare e di smetterla di rompere gli zebedei a tutti con le sue fantasie, per tutta reazione Artemisio va invece dal Sindaco, pretendendo che questi emani una circolare comunale in cui si imponga ai cittadini di Pizzighettone di ossequiare Napoleone, di dagli del Voi, di obbedirgli e di ottemperare a ogni sua richiesta quanto ad accessi a luoghi ed eventi pubblici. Lui è Napoleone e chi insiste a chiamarlo Artemisio deve essere multato per “hate speach” (termine trovato in rete e colto al volo da Artemisio).

Il sindaco lì per lì lo manda a stendere, con comprensiva gentilezza, ma sempre a stendere lo manda. E così Artemisio medita vendetta, sempre più livoroso, arrabbiato, assetato di rivalsa e vendetta verso il resto del mondo, quello che cioè si ostina a non riconoscerlo come Napoleone Bonaparte redivivo. E chatta oggi, chatta domani, scopre che a Codogno, poco distante, c’è una donna che afferma di essere Cleopatra, subendo esattamente il medesimo suo trattamento. A Grumello c’è invece un tizio che afferma di essere Winston Churchill, un altro a Cavatigozzi che blocca il traffico vestito da Leonida alle Termopili urlando “Questa è Sparta!”. Insomma, Artemisio grazie al web scopre di non essere solo: come lui ce ne sono altri e tutti patiscono le stesse pene.

E allora agisce: crea l’associazione NCWL (Napoleone, Cleopatra, Winston e Leonida) e pianifica una serie di azioni pubbliche. Flash mob, manifestazioni davanti ai municipi e alle scuole, lettere a giornali e televisioni, finché a Cremona non arrivano inviati da mezzo mondo. Giornalisti, intellettuali e conduttori televisivi lo invitano, lo intervistano, gli danno voce. Artemisio e la sua associazione diventano famosi, onnipresenti, sollevano indignazione cavalcando quel vittimismo che sempre funziona quando una minoranza dichiara guerra a una maggioranza, indipendentemente che abbia ragione o meno. Soprattutto, funziona quando questa maggioranza sia molto silenziosa e passiva, sottovalutando pericolosamente le azioni altrui.

Da lì a poco, Artemisio trova anche sponda in Parlamento, ove un gruppo di onorevoli e di senatori appoggia le sue istanze “inclusive” proponendo disegni di legge grazie ai quali ad Artemisio e ai suoi amici debbano essere concessi gli stati personali che essi chiedono. Nello stupore (ma sempre nel silenzio) generale, la legge passa e da quel momento chi prova a chiamare Artemisio col suo nome, a ricordargli che è un ragioniere e non l’imperatore parigino, rischia di finire in tribunale con l’accusa di discriminazione e di “istigazione all’odio”.

Ora Artemisio gongola, tutto tronfio, passaggiando a cavallo per Pizzighettone, osservando i suoi concittadini abbassare lo sguardo, cambiare marciapiede al suo cospetto. Lo temono, finalmente. Lui è Napoleone ed è quindi giusto che il popolo lo tema. E ciò avviene in ogni altro paesino con Cleopatra, Winston e Leonida, più tutti gli altri matti che si sono illusi di non essere nati Lucia, Mario o Filippo.

Chi si prova ad arginare pubblicamente questa follia, assurta ormai a livello nazionale, viene lui messo sotto processo mediatico. Lui, o lei, se ricordano che per essere Napoleone non basta vestirsi, parlare e percepirsi Napoleone, vengono accusati di ogni cattiveria e barbarie. Loro sono gli ottusi, i retrogadi, gli oscurantisti. Gli odiatori seriali. A conferma che quando un pagliaccio prende possesso del castello, non è lui a divenire Re, bensì è il castello a diventare un circo.

PS: nessun ragioniere è stato maltrattato per scrivere questa favola di fantasia. Perché è solo fantasia vero? Non sarà mica così folle il mondo da… vero? VERO????

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