Cibo bio e non: la differenza sta nel prezzo, non nei nutrienti

Ciò che conta è un’alimentazione sana ed equilibrata, non il bollino apposto sui cibi

Come già noto da tempo ai professionisti del settore, la certificazione su cui si basa il biologico è relativa solo ai processi, non alla qualità nutrizionale dei prodotti commercializzati

Una ricerca scuote il mondo del biologico e disturba il suo trentennale storytelling di cibo “più nutriente”. Uno studio tutto italiano avrebbe infatti confermato che i cibi bio sono praticamente identici per composizione a quelli non bio, spregiativamente chiamati da molti “convenzionali”.

Leggi la ricerca originale:

The Nutritional Quality of Organic and Conventional Food Products Sold in Italy: Results from the Food Labelling of Italian Products (FLIP) Study

Trattasi di ricerca pubblicata sulla rivista Nutrients, nel 2020, e porta firme di molteplici istituti nazionali: la prima firmataria è Margherita Dall’Asta, del Dipartimento di Scienze animali, Cibo e Nutrizione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Gli altri autori sono Donato Angelino, della Facoltà di Bioscienze e Tecnologie per il Cibo, l’Agricoltura e l’Ambiente dell’Università di Teramo. A seguire, Nicoletta Pellegrini, del Dipartimento di Agricoltura, Cibo e Scienze ambientali e Animali dell’Università di Udine, concludendo con Daniela Martini, del Dipartimento del Cibo e delle Scienze Ambientali e Nutrizionali dell’Università degli Studi di Milano.

Cosa dice la ricerca

A dispetto della percezione generale dei consumatori di comprare alimenti più sani e meglio attrezzati quanto a profilo nutrizionale, i ricercatori ricordano da subito come gli studi attualmente disponibili mostrino differenze limitate dal punto di vista nutrizionale fra prodotti biologici e non. A completamento di tale letteratura, è stato quindi condotto uno studio incentrato sul profilo dei soli alimenti preconfezionati.

In totale, sarebbero stati confrontati 569 differenti prodotti, valutando il profilo nutrizionale di quelli biologici a confronto con quelli convenzionali (sic). In tal senso, circa i prodotti della categoria “pasta, riso e altri cereali”, quelli bio si sarebbero mostrati inferiori in termini di contenuto energetico e di proteine, ma più ricchi di grassi saturi.  Il raggruppamento “marmellate, creme spalmabili al cioccolato e miele“, avrebbero mostrato parimenti meno energia per il bio, contenendo questo meno carboidrati e zuccheri pur presentando un maggior tasso di proteine ​​rispetto alle controparti. Va da sé che se volete arricchire la dieta di proteine, non mangiate mica cioccolato o marmellate

Non sono state invece riscontrate differenze quanto a energia, macronutrienti e sale in tutte le altre categorie. A fronte di tale “piattume” di composizione, fra bio e non, lo studio conclude come la certificazione biologica non possa essere considerata prova di qualità nutrizionale superiore. Cosa ben nota a chi operi nel settore agricolo e del cibo, ma del tutto oscura ai consumatori, altrimenti forse non ci cascherebbero.

La replica del biologico non si è fatta ovviamente attendere: secondo Roberto Pinton, di AssoBio, tali comparazioni non avrebbero senso poiché le caratteristiche di buona parte dei prodotti alimentari preconfezionati sarebbero fissate dalla Legge, quindi obbligate a stazionare in alcuni ben precisi range e a rispettare soglie minime e massime. Quindi, per Pinton, aver evidenziato come i prodotti bio siano così simili ai convenzionali non sarebbe affatto una notizia. Un latte parzialmente scremato, porta come esempio Pinton, deve avere infatti l’1,5% di grassi, se ne avesse l’1,4% sarebbe frode in commercio. E in effetti ha proprio ragione: per certi parametri è proprio così.

Minimizzata poi da Assobio anche la differenza circa i grassi saturi, con la pasta bio che presenterebbe un range fra 0,3 e 0,5 g per 100 g, mentre quella convenzionale spazierebbe fra 0,3 e 0,4 g. Ovvero, una differenza del tutto insignificante. Come volevasi infatti dimostrare.

Diciamo che non c’è però una Legge che imponga un tetto di proteine nella pasta, per dire. Quindi se ne hai meno ne hai meno. Oppure sono uguali. Non te lo impone nessuno. Neppure per i microelementi vi sono Leggi che si mettano a sindacare, eppure non molti anni fa circolava la storia del grano bio che avrebbe avuto un contenuto di zinco maggiore di qualche punto percentuale rispetto a quello non bio. Una differenza minima e del tutto ininfluente dal punto di vista nutrizionale, in una popolazione tendenzialmente ricca e ben nutrita. E quando non lo è dipende da abitudini alimentari sbagliate, non dal fatto che non mangiano bio.

Peraltro, anche ipotizzando per esempio un +6-7% di zinco nel grano bio, sapendo che quanto a rese se ne raccoglie a volte la metà o meno, c’è da chiedersi chi fornisca più zinco al mercato, mettendolo a disposizione della popolazione: il cerealicoltore bio o quello non bio? Il secondo, ovviamente, perché l’extra di zinco non compensa affatto il minus produttivo. Ergo, dal punto di vista sociale, ha contribuito molto di più alla salute di tutti il cerealicoltore non bio di quello bio.

Poi, se a voi fa gola l’idea di mangiare il 6-7% in più di un elemento di cui non siete affatto carenti, decisione vostra. Il prezzo più elevato lo pagate voi. Quindi liberissimi, ma almeno non accampate pretese scientifiche.  E ciò vale anche per gli agrumi con qualche punto percentuale in più di vitamina C o per altri ortaggi con uno szìc in più di questo o un pelo in più di quello. Differenze minime, peraltro non sempre costanti, che influiscono molto più sulla comunicazione del bio che sulla salute dei consumatori.

Conclusioni

Pinton, come visto, minimizza i risultati dello studio citato. Comprensibile, conoscendo la narrazione del bio degli ultimi 30 anni. Ciò che a questo punto sorge spontaneo chiedersi, allora, è perché il bio abbia da sempre martellato, fra i tanti, anche sul tema del miglior profilo nutrizionale. Lecito infatti sospettare che, per esempio, la differenza in grassi saturi vista sopra sarebbe stata enfatizzata anziché sminuita se per caso fosse stata a favore del bio, seppur trascurabile nei fatti. In tal senso ha quindi perfettamente ragione Pinton: non ha senso fare queste comparazioni.

Ergo, date retta a Pinton: smettetela di illudervi di comprare cibi migliori, pagando di più qualcosa che i biologici stessi ammettono essere uguale quanto a profilo nutrizionale rispetto ad altra merce che costa molto meno.  

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