Glifosate come il Ddt? Non diciamo stupidaggini

 

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Troppe bufale sull’agrochimica

Nella foga rogaiola anti-glifosate, nata nel 2015 a causa di una pessima monografia prodotta dalla Iarc, si stanno moltiplicando anche i parallelismi fra l’insetticida organoclorurato, bandito nel 1972, e il diserbante di Monsanto, nonostante fra le due molecole vi siano differenze abissali sotto ogni punto di vista

Demonizzare, demonizzare, demonizzare. Con ogni mezzo. Questa la parola d’ordine nei confronti di glifosate dopo che nel marzo 2015 la Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha pubblicato una monografia alquanto opinabile che collocava l’erbicida in gruppo 2A, quello dei “probabili cancerogeni”. Letteralmente inascoltate da media, social network e opinione pubblica tutte le altre Autorità mondiali di regolamentazione, al cui parere positivo su glifosate si sono aggiunte perfino Oms e Fao. Tutte queste hanno duramente contraddetto la Iarc, smentendone i risultati. Uno sforzo inutile, a quanto pare, perché quella monografia continua a fare danni impunemente, grazie anche a una stampa generalista che come al solito dà voce a chi più risponde ai propri orientamenti editoriali anziché alla realtà dei fatti.

Fra le molteplici idiozie e falsità che circolano in rete su glifosate spicca il parallelismo con Ddt, insetticida organoclorurato bandito ormai da quasi 50 anni. Peccato che fra le due molecole esistano profonde differenze sia dal punto di vista chimico-fisico, sia dal punto di vista tossicologico e ambientale. In altre parole, dire che glifosate è come Ddt corrisponde più o meno a paragonare un dirigibile e un sottomarino solo perché hanno una forma vagamente simile e sono entrambi mossi da eliche.

La struttura chimica

Per parlare di chimica bisognerebbe averla masticata per lo meno nei suoi aspetti base, perché perfino due molecole apparentemente identiche dal punto di vista strutturale possono essere completamente diverse dal punto di vista del comportamento. Figuriamoci se hanno strutture del tutto differenti.

Ddt è un insetticida e appartiene alla famiglia chimica degli organoclorurati. Presenta infatti cinque atomi di cloro a completamento di una struttura molecolare basata su due anelli benzenici.

ddt-struttura

Il ddt ha una struttura molecolare basata su due anelli benzenici e cinque atomi di cloro, i quali conferiscono alla molecola alta persistenza e lipofilia

Glifosate è invece un analogo della glicina, un aminoacido, non presenta alogeni, né anelli benzenici e questo conferisce alla molecola comportamenti diametralmente opposti a Ddt, soprattutto in termini di persistenza, solubilità in acqua e affinità per le componenti lipidiche degli esseri viventi.

glifosate

La struttura molecolare di glifosate, semplice e lineare, ricca di gruppi OH, rende la molecola altamente idrofila e metabolizzabile

Il LogKow

Già qui se non si sa cosa sia un logaritmo si è messi male, ma ci si prova lo stesso a spiegare un concetto fondamentale per la comprensione del comportamento di una sostanza attiva nell’uomo e nell’ambiente: per stimare l’affinità verso le componenti lipidiche (lipofilia) oppure per l’acqua (idrofilia) si adotta il logaritmo in base 10 del coefficiente di ripartizione fra ottanolo, in rappresentanza delle materie grasse, e acqua. Tanto più la molecola tenderà ad andare nell’ottanolo rifuggendo l’acqua, tanto più sarà considerata lipofila. Un LogKow pari a 3, significa per esempio che quella molecola si concentrerà mille volte di più nell’ottanolo rispetto all’acqua. Se è pari a 4 significa 10.000 volte, 5 equivale a 100.000 volte e 6 a un milione di volte, eccetera.

Il LogKow di Ddt è pari a 6,91. Quasi 10 milioni di volte più solubile in ottanolo rispetto all’acqua. Quindi è praticamente insolubile nelle matrici acquose e per contro altamente solubile nelle materie grasse. Ciò gli conferisce un’elevata capacità di penetrare per esempio nei tessuti adiposi degli organismi, con tutto ciò che ne consegue, come si vedrà più avanti.

Il LogKow di glifosate è invece pari a -3,5. Già, un valore negativo. Ciò significa che l’erbicida è alcune migliaia di volte più solubile in acqua che in ottanolo. Ciò fa sì che esso non penetri nei tessuti adiposi e che preferisca stare nelle matrici acquose.

Riassumendo: Ddt = grassi, glifosate = acqua.

La persistenza

Mentre Ddt mostra una struttura chimica difficilmente attaccabile, quindi avanza una persistenza ambientale di alcuni decenni, glifosate ha una struttura chimica alquanto elementare che ne permette la degradazione microbica nel volgere generalmente di alcune settimane. Valore che sale nell’ordine dei mesi quando ci si trovi in un terreno freddo, asciutto e povero di sostanza organica. Tali differenze di persistenza e di “robustezza” delle due molecole permettono di posizionarle agli estremi opposti anche per questa caratteristica, oltre che per la lipofilia. La combinazione di persistenza e affinità per le sostanze lipofile fa poi sì che le due sostanze abbiano comportamenti ambientali completamente differenti, rapportandosi in modo diametralmente opposto anche nei confronti degli organismi viventi.

Riassumendo: Ddt = decenni, glifosate = settimane/mesi.

Diffusione ambientale

L’elevata persistenza di Ddt ha fatto sì che potesse diffondere per l’ambiente a livello planetario, trasportato in atmosfera e poi ridepositato al suolo tramite la neve nei cosiddetti “condensatori freddi”. Non a caso, Ddt si trova perfino al Polo Nord o sull’Himalaya.

Glifosate tende a essere asportato dal terreno dalle piogge, finendone una quota nelle acque, soprattutto superficiali (canali, fiumi). La sua diffusione è cioè di tipo strettamente locale, anche grazie alla bassa persistenza che fa sì che anche nella matrice acquosa l’erbicida venga degradato velocemente. Il suo reperimento anno dopo anno è cioè semplicemente dovuto al suo uso continuativo. Se non si usasse più glifosate, nel volgere di circa un anno esso scomparirebbe in pratica dalle matrici in cui normalmente si trova oggi, al contrario del Ddt le cui molecole usate negli Anni 60 si possono trovare ancora oggi un po’ dappertutto.

Riassumendo: Ddt = scala globale, glifosate = scala locale.

Bioaccumulo e biomagnificazione

Se una molecola presenta alti valori di LogKow e contemporaneamente di persistenza, il bioaccumulo in un organismo diventa progressivamente maggiore al crescere di queste due caratteristiche. Il Ddt infatti bioaccumula vistosamente, perché una volta assorbito si cercherà matrici lipidiche in cui penetrare e da lì ci metterà molti anni per essere smaltito. Se lo smaltimento è più lento dell’assunzione, si verifica infatti il cosiddetto “bioaccumulo”, ovvero l’aumento progressivo delle concentrazioni della molecola nell’organismo. Per “biomagnificazione” si intende invece il fenomeno per il quale una sostanza attiva cresce nelle concentrazioni passando da un anello all’altro della catena trofica. Se nelle alghe unicellulari è a 10 nanogrammi, nei microcrostacei acquatici che se ne cibano potrà salire per esempio a 50, poi a 200 nel krill, a 500 nel pesce che se lo mangia e poi a mille nelle foche o negli uccelli che predano quei pesci.

Mentre Ddt presenta entrambi i comportamenti, altre sostanze a elevata lipofilia non li ricalcano affatto. Permetrina, insetticida piretroide, ha un LogKow di 6,5 quindi molto vicino a quello di Ddt. La permetrina, però, si degrada in modo veloce e ha una struttura molecolare facilmente attaccabile dagli organismi viventi. Per questa ragione, pur avendo un’elevata affinità per la materia grassa non bioaccumulerà nell’organismo, né si biomagnificherà lungo la catena trofica.

Men che meno presenta questi comportamenti glifosate, il quale grazie alla sua idrofilia viene escreto per circa il 70% direttamente con le feci, senza nemmeno essere assorbito a livello intestinale, venendo poi escreto per il rimanente 30% circa con le urine. Meno dell’1% viene metabolizzato in Ampa, il suo metabolita, ancor più solubile ed escreto anch’esso per via urinaria. Quindi, non solo glifosate non penetra praticamente nelle cellule se non in una porzione di pochi punti per mille del totale ingerito, ma nemmeno penetra nelle componenti lipidiche, né tantomeno vi si accumula.

Riassumendo: Ddt = “entra e resta”, glifosate = “passa e va”.

Tossicità

Ddt ha una tossicità acuta orale per i mammiferi che è circa dieci volte superiore a quella di glifosate, mostrando effetti a carico del fegato anche a dosi di pochi milligrammi per chilo di peso corporeo. Produce inoltre effetti a carico dei processi riproduttivi, dovuti alla sua attività di interferente endocrino.

Glifosate, oltre a essere meno tossico per via acuta, risulta molto meglio tollerato dai mammiferi nei test di lungo periodo, non risulta interferente endocrino né mostra effetti a carico della riproduzione. In altre parole, è ampiamente migliore di Ddt sotto una molteplicità di aspetti tossicologici. Un profilo tossicologico positivo, quello di glifosate, riconosciuto tale da tutte le autorità mondiali di regolamentazione, americane, europee, canadesi, giapponesi, svizzere, australiane, neozelandesi…

Conclusioni

Dal preciso momento che il battage mediatico su glifosate ha stimolato media e “commentatori” di tipo generico, i parallelismi fra l’insetticida e l’erbicida sono divenuti uno dei tanti modi per criminalizzare quest’ultimo. Come visto, poche altre cose sono risultate false su glifosate come appunto il paragone con Ddt.

Anche per i pregi. Già, perché mentre glifosate ha in fondo contribuito a produrre più cibo, migliorando il benessere e i livelli di approvvigionamento alimentare globali, a Ddt devono letteralmente la vita alcune centinaia di milioni di persone al Mondo, dato che grazie ad esso la malaria venne rintuzzata in ampie porzioni del Pianeta, salvando centinaia di migliaia di Esseri umani ogni anno. Da questi, in 40 anni circa di impiego diffuso, sono derivate diverse generazione di persone. Persone che non sarebbero quindi nemmeno esistite se Ddt non avesse protetto loro e i loro progenitori dalla malaria, trasmessa da una zanzara.

Ancora oggi, al Mondo muoiono circa 800 mila persone ogni anno a causa della malaria. Pensandoci bene, Ddt qualcosa di buono l’ha quindi fatto pure lui. E magari chi lo usa come spauracchio per criminalizzare glifosate non sarebbe nemmeno su web a spargere sciocchezze se quell’insetticida non avesse salvato dalla malaria nonni e bisnonni nell’immediato Dopoguerra, quando fu grazie a un massiccio impiego di Ddt se la patologia venne debellata definitivamente anche in Italia.

A glifosate, invece, dobbiamo una discreta parte di ciò che giunge sulle nostre tavole. Se poi lo sprechiamo, non diamo la colpa a lui. Siamo noi sbagliati, non l’erbicida.

Sarebbe quindi bene che prima di esprimersi in modo approssimativo, quando non addirittura falsificando la realtà, si facesse i conti con il proprio reale livello di consapevolezza di chi si è e del perché esistiamo, per giunta ben pasciuti e benestanti. Evitando magari anche l’arroganza di parlare di cose di cui nei fatti si dimostra di sapere dal poco al nulla.

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