Glifosate: no, non provoca né cancro né autismo

Usi di glifosate in America e incidenza di autismo e tumori: no correlation…

Oggi, 16 novembre 2023, si dovrebbe decidere il destino europeo di glifosate, erbicida promosso da ogni autorità mondiale di regolamentazione ma osteggiato dalle lobby eco-bio. Di seguito, le analisi comparative fra usi di glifosate in America e le incidenze statistiche di 20 tipi di tumore, come pure dei disturbi dello spettro autistico: nessuna correlazione risulta agli atti. Fatevene una ragione

Accusato di ogni malefatta possibile e immaginabile, glifosate è da anni sotto attacco senza però mai riuscire a dimostrare de facto che quanto affermato corrisponda al vero. Si sono infatti moltiplicate le accuse all’erbicida di provocare malanni laqualunque, oppure danni ambientali catastrofici, senza però sfuggire a possibili critiche per i metodi seguiti nella produzione di tali pseudo-ricerche colpevoliste.

In sostanza, i risultati degli studi proibizionisti non sono mai risultati coerenti con i reali scenari sanitari e ambientali, o per le modalità e i livelli di esposizione, o per le metodiche utilizzate, o ancora per l’estrapolazione di dati che sanno più di numeri al lotto che di prove scientifiche. In sostanza, si affermano danni e rischi che di fatto non si realizzano nel mondo reale.

Una raccolta di link utili in tal senso è scaricabile in pdf.

A conferma, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha confermato per l’ennesima volta che nulla vieta a glifosate di essere rinnovato nel Vecchio Continente. E ciò dopo l’analisi di migliaia di pagine di studi scientifici svolti in good laboratory practise (cosa che quasi mai avviene nelle ricerche “sedicenti indipendenti”). In sostanza, dal punto di vista scientifico glifosate non propone rischi inaccettabili né per la salute, né per l’ambiente.

Anche su tale parere finale di Efsa è stato realizzato un apposito documento scaricabile.

Le truppe cammellate anti-glifosate non si arrendono

Nonostante il ponderoso tomo di Efsa, coerente con decine di altri ponderosi tomi di Epa, Echa, Fao, Oms e di ogni altra Autorità sanitaria e ambientale globale, il fronte proibizionista continua a produrre accuse dal sapore catastrofista. Ciò al fine di influenzare mediaticamente le decisioni, ormai solo politiche, dell’Europa sull’erbicida.

Fra le accuse più ataviche vi è quella di provocare il cancro. Si è quindi andati a realizzare un confronto fra usi di glifosate negli Stati Uniti e incidenza di una ventina di tumori diversi, Stato per Stato: nessuna correlazione appare fra i livelli d’uso dell’erbicida e l’incidenza dei tumori presi in considerazione.

Anche in questo caso si è realizzato un apposito report ricco di numeri e grafici, scaricabile anch’esso in pdf.

Non paghe di ciò, le lobby eco-bio, armate da uno stuolo di pseudo scienziati di ben pochi scrupoli, hanno tirato fuori persino l’accusa a glifosate di provocare autismo. Ovviamente, così come appare da ogni documento sopra riportato, nemmeno su questo fronte appare una correlazione fra l’erbicida e i disturbi dello spettro autistico. E quindi avete un altro documento in pdf da scaricare e leggere.

Bene peraltro ricordare come una correlazione fra due variabili non è affatto detto implichi un nesso causale. Cioè, anche se due variabili salgono o scendono di pari passo ciò non dimostra che una influenzi l’altra. Si chiamano infatti “correlazioni spurie“, prove cioè di un nesso causale accertato.

Se però non risulta possibile realizzare nemmeno una correlazione spuria, diventa molto arduo tentare di collegare fra loro due variabili. Ed è infatti ciò che avviene sia per il cancro, sia per l’autismo. Per lo meno negli Stati Uniti, Paese dove glifosate è nato e dove viene ampiamente utilizzato da oltre 50 anni.

Poi, va da sé che vi ho dato una tale mole di informazioni da leggere che forse l’uno per mille di voi si prenderà la briga di approfondire. Ed è per questo che i ciarlatani hanno vita facile e spesso vincono: a loro basta strillare a casaccio una qualsiasi accusa e il gioco è fatto. Uno ricca pletora di giornali privi di scrupoli gliele rilanceranno per avere il loro fottuto scoop e per voi sarà solo paura.

Immotivata, ovviamente. Ma se non trovate il tempo di leggere le cose come stanno davvero, la colpa è vostra e solo vostra…

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Né cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione. Glifosate piace alla scienza: la conferma di Echa

Gli esperti di Echa confermano i pareri di Efsa, Oms, Fao, Epa e di un’altra quindicina di Autorità di regolamentazione nel mondo

L’Agenzia europea per la chimica valuta migliaia di studi sull’erbicida e decreta quanto già si sapeva da anni: non va messo negli occhi e non va buttato a secchiate nei fiumi

Glifosate continua a occupare centinaia di scienziati ed esperti in ogni continente del Globo. Soprattutto in Europa il lavoro è divenuto frenetico, poiché a fine 2022 inizierà il processo di valutazione sul rinnovo dell’erbicida a livello continentale. Quindi le truppe cammellate dell’associazionismo chemofobico stanno già muovendo da tempo le proprie postazioni di artiglieria per demolire l’obiettivo che si sono ormai date da anni: fare bandire glifosate dal Vecchio Continente, senza se e senza ma.

Peccato che tutti gli organi preposti alla valutazione degli agrofarmaci concordino nel dire che non sussistano prove esaurienti a sostegno delle accuse mossegli, ovvero di essere cancerogeno, tossico per la riproduzione, mutageno e nocivo per gli organi interni. Tutte accuse, queste, nate dall’impegno sistematico di discutibili gruppi di ricerca, sedicenti indipendenti, che hanno profuso sforzi per dimostrare a tavolino certi effetti, quando di tali effetti nella vita reale non v’è traccia.

Leggi l’approfondimento:

Glifosate: primo ok (scientifico) al rinnovo

Purtroppo, a fronte di migliaia di studi accumulatisi nel tempo, non solo prodotti dalle industrie, bensì anche da ricercatori anch’essi indipendenti, bastano poche ricerche sviluppate ad hoc per tenere acceso il dubbio che glifosate sia un mostro in Terra, sperando che grazie a tale fuoco di sbarramento l’erbicida venga bandito dalla politica europea.

Dalla politica, si badi bene, non dalla scienza. Poiché quest’ultima l’ha già promosso più e più volte a livello europeo, tramite le nostre maggiori autorità scientifiche di valutazione (Echa, Efsa, Bfr, Anses… etc). Pure è stato promosso da ogni altra agenzia di regolamentazione mondiale, dal Canada al Giappone, dall’Australia al Brasile, dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti. A queste si sono aggiunte Oms e Fao, per giunta.

Solo la Iarc, si ostina a classificare cancerogeno l’erbicida, in base a studi epidemiologici che definire fragili è già esser molto buoni. A questi sono stati aggiunti studi su modello animale (cavie di laboratorio) che hanno solo dimostrato che di erbicida ne occorre una montagna perché in qualche ratto si sviluppi un tumore. Il tutto, dopo mesi e mesi di abboffate di glifosate con la dieta. Prove che per come sono state impostate dimostrano semmai l’estrema sicurezza di questa sostanza attiva per la salute umana.

Leggi l’approfondimento:

Iarc contro il resto del mondo

Oggi arriva l’ennesimo parere positivo dell’ennesima agenzia di valutazione scientifica europea, l’Echa, ovvero l’Agenzia europea per la chimica. Là dentro ci lavorano centinaia di esperti di più nazioni. Gente che ha fatto della scienza la propria professione e che lavora da sempre sotto i riflettori dei media e dell’associazionismo più becero. Quindi se e quando parla lo fa dopo aver valutato ogni prova a disposizione fino all’ultimo capello.

Il suo giudizio è che no, glifosate non ha alcun bisogno di rivedere l’attuale classificazione tossicologica: provoca lesioni agli occhi (per forza, ha reazione acida…) come pure ha dimostrato di essere nocivo per alcuni organismi acquatici in diversi test di laboratorio. Due caratteristiche comuni a centinaia di altri formulati fitosanitari, di cui svariate decine autorizzati pure in agricoltura biologica.

Quindi glifosate non è, si ripete, non è cancerogeno, né mutageno, né tossico per i processi riproduttivi, né intacca specifici organi.

Leggi l’approfondimento:

Echa su glifosate: attenzione a occhi e acque, ma non è cancerogeno

No: glifosate non va bevuto, né ci si condisce l’insalata

Non appena è circolata la notizia sui social si è ovviamente scatenata la ridda di analfabeti funzionali e di “furbetti del biologichino” che hanno sbeffeggiato Echa e le documentazioni utilizzate per la sua valutazione.

Niente di nuovo: puntuale, arriva l’esercito di imbecilli che crede di essere originale e spiritoso scrivendo che allora ce ne si può anche bere un cicchetto, di glifosate. Oppure che ci si può condire l’insalata. Gente strana, questa. Gente che forse beve la candeggina con cui disinfetta il water, o che insaporisce l’insalata con lo shampoo antiforfora. Personaggi tendenzialmente rozzi nei contenuti e ignoranti nel modo di esprimersi, spesso usando un italiano men che approssimativo e ricorrendo come unica arma dialettica al discredito e al dileggio delle multinazionali (spesso sono anche no-vax mica per caso) e delle Autorità di regolamentazione (spesso sono anche no-vax mica per caso, repetita juvant).

Personaggi che ritengono più attendibili gli svagelli psichedelici di soggetti come Stephanie Seneff, bizzarra ricercatrice informatica del Mit di Boston che ha elaborato teorie anti-glifosate perfino in tema di covid-19 (spesso sono anche no-vax mica per caso, repetita juvant – bis).

Gente che, gratta gratta, propugna forme di agricoltura che somigliano più agli scenari di quando eravamo cacciatori-raccoglitori e vivevamo dei pochi frutti che la Natura ci metteva a disposizione. Nel senso che mica ce li regalava magnanimamente: dovevamo sudare e rischiare molto per strappare qualche bacca e una bistecca di mammut. E vivevamo trent’anni. Gente che quindi è pure socialmente pericolosa, poiché se giungesse al potere si avrebbero conseguenze devastanti, come accaduto per esempio in Sri-Lanka:

Agricoltura biologica, disastri annunciati e utili idioti

Purtroppo, di tali soggetti ne sono già arrivati perfino in Parlamento, il più delle volte grazie all’idiozia dell’uno che varrebbe uno. Folle approccio demagogico che ha permesso di approdare a Camera e Senato a decine di bifolchi sfaccendati e di mezzi matti che non sanno fare una “O” col bicchiere, ma che hanno il potere di promuovere ogni idiozia giunga loro sulla scrivania, o di bocciare qualunque proposta razionale per raddrizzare questo sciagurato Paese.

Ergo non vi resta che scegliere: o stare con chi la scienza la padroneggia e lavora per il bene comune, o per l’esercito di zombie pseudo-ecologisti che per mestiere o per hobby sbadilano quintali di merda nel ventilatore. Sotto, un ultimo link: a un articolo che contiene molteplici informazioni sull’erbicida. Capisco che studiare sia difficile, ma per lo meno evita di continuare a dire idiozie tipo “E allora beviteloooo!1!1!1!!

Glifosate: quel che dovreste sapere, ma che i media omettono (o distorcono)

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Glifosate: primo ok (scientifico) al rinnovo

Gli esperti di quattro Paesi dicono sì. La politica saprà ascoltarli, o seguirà le sirene bio-ambientaliste?

Il gruppo di esperti francesi, ungheresi, svedesi e olandesi si è espresso positivamente sull’erbicida, confermando ogni precedente valutazione prodotta a livello mondiale. Dal risk assessment si dovrà però passare al risk management, di spettanza alla Commissione europea

Si chiama AGG, acronimo di Assessment Group on Glyphosate, ovvero il pool di esperti di quattro differenti nazioni europee chiamati a valutare lo scibile scientifico attualmente disponibile su glifosate. Ciò perché fervono ormai i preparativi alla fase finale di valutazione sul rinnovo dell’erbicida, le cui autorizzazioni scadranno a dicembre 2022.

Compito gravoso quello assegnato alle Autorità competenti per la valutazione delle sostanze attive di Francia, Ungheria, Olanda e Svezia. Non solo per la mole di dati da visionare e valutare, bensì anche per la pressione mediatica che da anni grava su glifosate, con buona parte della stampa europea particolarmente avversa alla molecola, tranne rarissime eccezioni, e una popolazione disorientata dalle continue campagne di demonizzazione, spesso farlocche, che su glifosate si sono moltiplicate a molteplici livelli, anche politici. Ecco perché al posto di una sola nazione ne sono state coinvolte ben quattro, a dimostrazione della delicatezza del tema, divenuto nel tempo un unicum “spazio-temporale” nel grande universo della normativa continentale.

Il 15 giugno 2021 l’AGG ha quindi inviato una bozza del Renewal Assessment Report, in acronimo dRAR, sia all’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, sia all’Echa, Agenzia europea per le sostanze chimiche. Saranno queste a pubblicare le relazioni finali, come pure a organizzare le conseguenti consultazioni pubbliche in linea con i rispettivi quadri normativi.

Esaurito però il processo di valutazione dei rischi, si passerà alla valutazione della gestione dei rischi stessi, fase che spetta però alla Commissione europea. In sostanza, la palla passerà dalla scienza alla politica e i guai potrebbero iniziare lì, visto il fertile humus di discredito sapientemente realizzato negli anni dalle molteplici associazioni ambientaliste e altre ad esse vicine. Se, come si auspica, la Commissione Europea dovesse lasciar fuori dalla porta le colorite gazzarre che si moltiplicheranno sotto i propri balconi, vi sono buone probabilità che glifosate possa vedere formulare una proposta di decisione in merito al suo rinnovo e, se del caso, alla sua nuova eventuale classificazione.

Se, dicevamo. Perché non è affatto scontato che la politica seguirà la scienza. E non sarebbe la prima volta che ciò succede in Europa e in Italia. Ciò perché i decisori sono soggetti a responsabilità e pressioni che con la scienza c’entrano ben poco, dovendo rispondere a livelli di un’opinione pubblica che di certo non si cura molto del parere scientifico di Efsa ed Echa. Peccato, perché alla fin fine questo parere parrebbe positivo, a favore di glifosate, come già visto più volte in passato. L’ex araldo di Monsanto, ora Bayer, non sarebbe stato infatti reputato dall’AGG né cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione, né tanto meno sarebbero giustificati studi suppletivi su specifici organi. Perfino in tema api gli esperti avrebbero concluso che no, l’erbicida non avrebbe influenze nemmeno su di esse. Il tutto, con buona pace di quelle singole ricerche, spesso ampiamente discutibili per la fragilità metodologica e dei risultati, che avrebbero preteso in questi ultimi anni di dimostrare il contrario.

Il primo rapporto prodotto sulla sicurezza di glifosate in vista del rinnovo (forse) dà quindi ragione ai suoi sostenitori, che da sempre ne ribadiscono l’assoluta sostenibilità tossicologica e quindi il diritto al rinnovo dell’autorizzazione Ue. Secondo gli esperti delle quattro nazioni coinvolte, glifosate avrebbe infatti i requisiti per essere ri-autorizzato, pur raccomandando ulteriori valutazioni del suo impatto su aspetti ambientali come la biodiversità. Altro tema caldo e spinoso, questo, visto che trattandosi di un erbicida totale, sarà bene che il concetto di biodiversità venga applicato in modo razionale. Cioè quello che vuole la biodiversità come bene di un intero territorio, non dei singoli campi coltivati. Perché in tal caso non si tratta più di biodiversità, bensì di flora infestante.

Una differenza che fin troppe volte è stata, più o meno furbescamente, ignorata.

Scarica il report di AGG (in inglese)

PS: sui social troverete i soliti rimbesuiti che diranno cose tipo “E allora facciamoci il the!”, oppure che definire “accettabili” i rischi, come detto dagli esperti, implica che comunque di rischi ce ne sono lo stesso. Quindi: abolire! Poi fumano, bevono vino, guidano l’auto e prendono aerei. Della serie: se la gente non ha fame diventa stupida.

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Glifosate: quel che dovreste sapere, ma che i media omettono (o distorcono)

Glifosate irrorato su coltura ogm ad esso resistente

Molteplici sono le fonti alle quali è possibile attingere informazioni vagliate e verificate sull’erbicida, a torto considerato un mostro e come tale presentato. Di seguito una raccolta aggiornata di link a contenuti utili alla comprensione del tema

Cancro? Microbioma? Acque? Api? Residui? Salute? Su glifosate molti vogliono parlare, ma pochi ne hanno le competenze né possiedono le specifiche informazioni per farlo. Per non parlare delle posizioni preconcette di chi abbia interessi tutti suoi, di fama, di guadagni, di carriera o di raccolta donazioni o pubblicità. E contro i manipolatori in malafede ben poco si può fare: lo sanno anche loro di stare dicendo falsità, ma è ben da quelle che traggono visibilità e profitto.

Terribili quindi le discussioni sui social quando si parli di glifosate, o “glifosato” come per lo più è conosciuto. Pullulano infatti gli individui che intervengono con spocchiosa arroganza convinti di sapere tutto sul tema solo perché hanno letto qualche articolo afferente al mainstream forcaiolo che grava sull’erbicida. Un maistream alimentato non solo dalle prevedibili associazioni ecologiste, sempre alla ricerca di donazioni da estorcere con scandali che il più delle volte spaziano dal gonfiato al fasullo, bensì anche da lobby economiche come quella del biologico e del biodinamico, anch’essi sempre alla ricerca di mostri da sbattere in faccia ai consumatori per convincerli a spendere molto di più per il proprio carrello della spesa.

Ed ecco che sui social vengono spammati link a siti allarmisti, scandalistici, oppure a giornali la cui ideologia pseudo-ambientalista si è trasformata in un sempiterno clickbait. Un malvezzo, quello dello spam terroristico, che appare tangibile persino nelle pagine dedicate all’agricoltura, ove una parte degli iscritti pare intervenire solo per diffamare l’erbicida e chi lo usi. Ovviamente, al deprecabile fine di mettere il turbo interessi tutti suoi.

Peccato che solo in pochi degli utenti del web riflettano sull’effettiva pertinenzacredibilità di quei contenuti, spesso a causa dell’incapacità del condivisore stesso di comprenderne lui per primo il peso, il valore, la veridicità e magari i limiti.

Purtroppo, per poter parlare di glifosate è necessario conoscere il tema in modo approfondito sotto una molteplicità di aspetti: storici, agronomici, economici, ambientali, sanitari, giudiziari e normativi. Quindi, forse soltanto un cittadino su 100mila capisce qualcosa del tema, nel senso che lo ha approfondito un minimo. Gli altri 99.999 non hanno nemmeno la benché minima infarinatura del problema, ma nonostante ciò si arrogano il diritto di tuonare contro l’erbicida solo per il gusto di partecipare alla canea scatenata ad arte ai danni di questo prezioso strumento al servizio degli agricoltori e, quindi, anche di chi necessiti cibo per campare. Cioè tutti. 

Per tale ragione, si è realizzato uno specifico contenitore in cui non si spieghi solo l’ennesimo caso isolato di disinformazione su glifosate (ce n’è di continuo), bensì è stato raccolto molto di ciò che al momento è stato pubblicato sul tema. Un lavoro bibliografico presente soprattutto su AgroNotizie, magazine online di approfondimenti sui temi agricoli, su cui scrivo ormai da 12 anni. Ma non solo di tale contenitore si parla, visto che su glifosate sono in parecchi ad avere scritto e ci si scusa fin d’ora con coloro che non sono stati ricordati in questa sede.

Di seguito, l’elenco degli articoli di AgroNotizie su glifosate, escludendo quelli dedicati a specifici prodotti commerciali e ai loro impieghi in campo. Gli articoli sono stati poi accorpati anche per tipologia di argomento trattato, quindi sono stati realizzati specifici elenchi cronologici in cui compaiano tutti gli articoli sugli aspetti scientifici più dibattuti, oppure sulla querelle Iarc-Resto del mondo, o ancora sulle vicende giudiziarie di Monsanto-Bayer, senza trascurare l’evoluzione normativa e gli aspetti legati a temi di attualità.

Perché la storia di glifosate è lunga anni: meglio studiarla bene…

Approfondimenti scientifici

In questa sezione sono riportate le diverse analisi elaborate nel tempo in risposta a pubblicazioni scientifiche o articoli di giornale o ancora su servizi televisivi.  Perché mai è capitato che quanto detto o pubblicato corrispondesse alla realtà fattuale delle cose, né poco, né punto. Di cattiva scienza ne è stata prodotta tanta, infatti, subito seguita da altrettanto pessimo giornalismo sensazionalista.

Glifosate nelle urine: i furbetti del pannolino

Da alcuni anni si sono moltiplicati i gruppi di attivisti, giornalisti e di sedicenti ricercatori scatenati nell’analisi di glifosate nelle urine delle persone. Risultati ovviamente “eclatanti” sparsi poi a mezzo stampa. Gli Anglosassoni per certa stampa e certe ricerche usano il termine “junk science”, ovvero scienza spazzatura. Vediamo perché

Avvelenamento bovini: glifosate. No, mancozeb. O forse nessuno dei due

Una moria di bovini nel Cuneese ha dato la stura alle usuali criminalizzazioni di glifosate, senza però attendere che le indagini fossero giunte a conclusione. Ora un’altra ipotesi entra infatti sulla scena, ma anche questa…

Glifosate e Ogm: tecniche sostenibili, con sorpresa

Agricoltura, ambiente & salute: una ricerca canadese rivela come grazie a erbicidi, biotecnologie e tecniche conservative del suolo l’agricoltura possa divenire una sequestratrice netta di anidride carbonica

Agrofarmaci e diffusione aerea: cosa dice (e cosa non dice) una ricerca tedesca

Una ricerca realizzata in Germania sta iniziando a circolare in rete, alimentando le campagne abolizioniste di glifosate come pure l’apprensione verso gli agrofarmaci in genere. Analizziamo i fatti

Glifosate e chelazione dei minerali: bufale in bottiglia

Fra le accuse mosse all’erbicida vi è quella di chelare, cioè “sequestrare”, importanti elementi minerali sottraendoli alla nostra alimentazione. Vediamo perché queste accuse non stanno in piedi

Glifosate, microbioma intestinale e bugie dalle gambe corte

Un rapporto del ministero dell’Ambiente danese rivela come le dosi di glifosate necessarie a ottenere un effetto minimo sui batteri intestinali siano milioni di volte superiori a quelle attualmente ingerite dall’uomo

Glifosate e Roundup: le sorprese dei lombrichi

Uno studio effettuato in laboratorio su lombrichi evidenzierebbe come glifosate abbia effetti depressivi sulla loro biomassa, ma non due formulati a marchio Roundup®. Nessun effetto nemmeno su batteri e funghi. Il mistero s’infittisce

Avvelenamenti delle acque da glifosate? No: mero clickbait

La tossicologia spiegata semplice: si amplia la differenza fra quanto avviene nei laboratori, quanto pubblicano i media e quanto dicono gli scenari reali. Il caso lombardo

Glifosate: pasta sicura, sensazionalismo pure

Nuove analisi de Il Salvagente confermano che la pasta italiana è sicura dal punto di vista residuale. Peccato il messaggio fornito ai lettori sia il contrario di quello che avrebbe dovuto essere

Glifosate e microbiota delle api: falso problema in Europa

Meglio chiarire perché i microbiota delle api europee non corrono rischi per le tracce di glifosate presenti nel nettare dei fiori

Pollina al glifosate? Sì, se ce lo si mette

Uno studio finlandese, rilanciato in Italia da Il Salvagente, evidenzia effetti nocivi su alcune colture arrecati da pollina contenente glifosate, aggiunto artificialmente dai ricercatori stessi. Cosa avviene invece nella realtà

Glifosate anti cancerogeno? Spiacenti: no

Alcuni studi avrebbero provato influenze del diserbante su colture cellulari derivanti da tessuti tumorali. Meglio raffreddare gli entusiasmi

Giornate fitopatologiche, poca fiducia sul futuro del glifosate

Durante il quarto webinar, dal titolo “Difesa dalle piante infestanti”, i diversi studi ufficiali sulla sostanza attiva hanno evidenziato che non esistono criticità di tipo tossicologico

Farfalle Monarca: fra Ogm, glifosate e tanta disinformazione
Agricoltura, ambiente & salute: il calo delle farfalle Monarca in America è stato attribuito prima agli Ogm, poi a glifosate. Meglio chiarire

Cibi e residui 2018: glifosate (quasi) illustre assente
Dal Report del ministero della Salute sui residui di agrofarmaci negli alimenti per l’anno 2018: irregolarità allo 0,8% (media Ue 2,5%), con glifosate praticamente introvabile con buona pace degli allarmisti

Glifosate: attaccati ora anche i legumi
La tossicologia spiegata semplice: un’associazione ambientalista effettua analisi di ceci e hummus trovando residui di glifosate. Tutto nella norma, ovviamente, tranne che per chi abbia interesse a spaventare i consumatori

Glifosate: chi ha paura della verità?
La tossicologia spiegata semplice: tribunali, acque, urine, pasta, tumori, microbiota e anomalie varie. Storia già vista in Senato con le mozioni anti-glifosate

Iarc, glifosate e statistiche che non tornano
La tossicologia spiegata semplice: due recenti studi hanno analizzato statisticamente il lavoro di Iarc fatto su glifosate. Alcuni risultati colpevolisti riscontrati dall’Agenzia potrebbero essere dovuti solo al caso

Glifosate, rane e girini: si salvi chi può
La tossicologia spiegata semplice: come restituire un’immagine deformata della realtà selezionando specifici casi che rappresentano una percentuale prossima a zero degli orizzonti reali

Impepata di cozze al glifosate?
La tossicologia spiegata semplice: una ricerca padovana evidenzia effetti negativi di glifosate e Ampa sul microbiota di Mytilus galloprovincialis, la cozza comune. Meglio chiarire

Glifosate e celiachia: la bufala infinita
La tossicologia spiegata semplice: perché gli agrofarmaci in genere, e glifosate in particolare, nulla hanno a che vedere con una patologia di tipo autoimmune

Glifosate e fegato: deviazioni sì, ma poco standard
La tossicologia spiegata semplice: su alcune riviste scientifiche prosegue l’assalto a glifosate, spesso tramite ricerche i cui risultati poggiano su analisi statistiche dal debole all’inesistente

Calunniate, calunniate: qualcosa resterà
La tossicologia spiegata semplice: secondo una recente ricerca, glifosate creerebbe problemi transgenerazionali sulla progenie di cavie trattate in gravidanza. Doveroso spiegare perché ciò non corrisponde al vero

Numeri contro numeri (parte II)
La tossicologia spiegata semplice: dopo aver esaminato lo studio di Andreotti et al., si analizzerà la controversa metanalisi di Zhang et al., anch’essa alla ricerca di una correlazione tra glifosate e linfomi non-Hodgkin

Numeri contro numeri (parte I)
La tossicologia spiegata semplice: ricerche contro metanalisi su glifosate. Non tutti i numeri però hanno pari valore. La spiegazione in due puntate. Oggi, lo studio di Andreotti et al.

Cancri e fattori di rischio: una percezione ribaltata
La tossicologia spiegata semplice – Dalla Francia arriva la notizia del bando di un formulato a base di glifosate, accusato di provocare il cancro. Nel mentre, vengono diffuse le statistiche oncologiche transalpine e si scopre che…

Glifosate e terribili malattie: meglio chiarire
La tossicologia spiegata semplice – A glifosate sono state attribuite malattie terribili, spesso citando pubblicazioni scientifiche. Vediamo quanto c’è di vero

Acido acetico e diserbi, meglio fare il punto
Una molecola alla volta: l’acido acetico. Cresce il consenso popolare al suo uso come diserbante alternativo a glifosate, sebbene a oggi non abbia alcuna registrazione in Italia come prodotto fitosanitario

Due temi scottanti, in una sola intervista
Su interferenti endocrini e tema glifosate, AgroNotizie ha intervistato Angelo Moretto, direttore del Centro internazionale per gli antiparassitari e la prevenzione sanitaria

Pasta al glifosate, fra allarmismi e realtà
Le paste delle principali industrie italiane sono sicure per il consumatore. Generare allarmi ingiustificati danneggia inutilmente il comparto a vantaggio di pochi

Iene argentine
Puntata su glifosate per Le Iene, programma di Italia 1. Come trasformare un dramma sanitario su scala regionale in una crociata ad molecolam su scala globale

Allarmismo a tutta birra
Esplode l’ennesimo caso glifosate, questa volta trovato in 14 marchi diversi di birre tedesche. Sensazionalismo tanto, ma di rischi reali, come al solito, non ce n’è

Fole leggere, come il cotone
Una ricerca argentina rivela che vi sarebbero tracce di glifosate e Ampa nel cotone di assorbenti e garze. Impazzano le polemiche su web e, per fortuna, anche l’umorismo

Batti e ribatti in area glifosate
Lo storico erbicida è ormai da molti anni al centro di polemiche feroci, patendo di pesanti accuse di cancerogenesi, teratogenesi e altre influenze poco raccomandabili sulla salute. Raccontare la storia dall’inizio appare impresa dura. Meno complessa appare la sintesi degli avvenimenti più recenti

Fonti esterne:

Iarc: tutto ciò che non è stato detto

La stampa generalista ha dato ampia visibilità, quasi in esclusiva, a quanto stabilito da Iarc, difendendone a spada tratta le posizioni e assumendo un atteggiamento schierato contro la molecola a prescindere. Peccato che tutte le Autorità di regolamentazione mondiali siano di parere opposto a quello di Iarc, con Oms e Fao che si aggiungono a tale lunga lista dando torto anch’esse all’agenzia di Lione.

A tutto ciò è stato dato purtroppo uno spazio minimo dalla stampa, inclusi gli aspetti più maleodoranti legati a presenze inopportune nel gruppo di lavoro della Iarc, oppure gli insabbiamenti di documenti favorevoli alla molecola, o ancora il comportamento tutt’altro che trasparente dell’Agenzia stessa. Tutti hanno letto dei famigerati “Monsanto Papers“. Bene, di seguito l’elenco di tutti gli altri “Papers” di cui nessun organo di stampa generalista si è mai preso la briga di parlare.

Glifosate: ancora una volta l’Efsa lo considera sicuro. Basterà?
Normativa europea: l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha pubblicato la conclusione della valutazione del rischio per i consumatori dei residui del glifosate e dei suoi metaboliti sulle derrate alimentari

Ritorna il glifosate ed è in ottima salute

Anticipato il risultato della valutazione del dossier di rinnovo del controverso erbicida

Epa conferma su glifosate: non è probabile cancerogeno
Nella sua Interim registration review decision, l’agenzia per la protezione dell’ambiente non ha identificato alcun rischio per la salute umana derivante dall’esposizione a glifosate

Efsa su residui glifosate: sicuri per uomo e animali
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare esprime parere positivo circa la conformità dei residui di glifosate nei confronti della salute umana e animale

Echa su glifosate: attenzione a occhi e acque, ma non è cancerogeno

Il Rac, comitato per la valutazione dei rischi di Echa, conferma l’attuale classificazione tossicologica di glifosate in base all’ampia revisione delle prove scientifiche disponibili. Non giustificata la classificazione come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione

Glifosate: i report di Epa per le specie considerate a rischio

L’Agenzia Americana per l’Ambiente ha realizzato uno studio volto a determinare gli eventuali rischi a carico di molteplici specie considerate a rischio estinzione dovuti all’uso in Usa di glifosate

Non c’è indipendenza senza trasparenza
Il Congresso degli Stati Uniti scrive allo Iarc esigendo spiegazioni su quanto accaduto nel corso della stesura della monografia su glifosate. Che la Iarc risponda

Troppi ‘papers’ per una monografia
Dopo i ‘Monsanto Papers’ e gli ‘Aaron Blair Papers’, ecco giungere anche i ‘Portier Papers’. Un tale scenario di sconcertanti interessi che rende la monografia sul glifosate un documento da rifare da capo

Il copia-incolla che non c’è
Quando stampa e internet ignorano le procedure europee: nell’esprimere i propri pareri Efsa è stata accusata di aver copiato testi e dati da documenti di Monsanto su glifosate

Glifosate e quegli studi rimasti nel cassetto
Aaron Blair, epidemiologo del U.S. National Cancer Institute, ammette l’esistenza di studi a favore di glifosate non pubblicati prima della valutazione dello Iarc

Il glifosate supera anche l’ultimo ostacolo. E adesso?
Per l’Efsa non è un perturbatore endocrino. Normativa europea

L’Australia dice sì a glifosate
Le autorità australiane hanno completato l’iter di valutazione della molecola e hanno concluso che non pone rischi di cancro per l’uomo

Glifosate segna altri tre punti
Efsa assolve l’erbicida anche sul tema della interferenza endocrina, mentre gli agricoltori francesi si muovono anch’essi in sua difesa

Glifosate: non cancerogeno nemmeno per Echa
Le conclusioni dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche: il glifosate non va considerato cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione, né genotossico

Iarc contro il resto del mondo
Dopo Efsa, US Epa e Bfr tedesco anche Oms e Fao prendono posizione su glifosate: improbabile che l’erbicida sia cancerogeno

Glifosate: è scontro perpetuo
Ancora glifosate. Questa volta al centro dell’attenzione in un articolo de Il Venerdì di Repubblica. Iarc, Efsa, università e Agrofarma a confronto fra mille scintille

Iarc: glifosate è cancerogeno. No, risponde l’Efsa
Prosegue la disputa sull’erbicida più venduto al mondo

Dossier contro
L’International agency for research on cancer ha definito il glifosate come potenziale cancerogeno. Altri dossier e organizzazioni dicono di no. Fuori i secondi: inizia il match

Fonti esterne ad AgroNotizie:

Le vicende giudiziarie 

Mai confondere una sentenza con una prova scientifica. Ciò che ha spinto gli studi legali americani a muovere causa a Monsanto prima e a Bayer poi è di fatto una mera speculazione economica basata sul piratesco ricorso alle “predatory litigation“, azioni legali spregiudicate, mascherate da nobili class action, atte unicamente a estorcere denaro a qualche multinazionale. Se ve ne sia ragione o meno, poco importa: si sommerge la società con migliaia di cause e questa deve cedere, anche se innocente. E su glifosate di ragioni per muovere causa non ve ne sono affatto. E poi, fortunatamente, per qualche avvocato disonesto i nodi vengono pure al pettine…

Glifosate, avvocati e pubblicità spiegati semplici

91 milioni di dollari investiti in pubblicità dagli studi legali per reclutare nuovi querelanti da aizzare contro Bayer e glifosate. La Casa tedesca propone da parte sua altri due miliardi di dollari per coprire gli scenari futuri

Bayer cede su glifosate: 10,5 miliardi di patteggiamento
Si chiudono così 95mila cause in America su 120mila. Restano ora in sospeso 25mila querelanti che hanno rifiutato l’offerta

Arrestato l’avvocato della prima causa contro glifosate
Timothy Litzenburg, legale di Dewayne Johnson, primo ricorrente in giudizio contro Monsanto, ora Bayer, è stato arrestato in America per tentata estorsione ai danni di una multinazionale

La scienza a processo
Interviste impossibili: il processo di San Francisco a glifosate. Come interpretare quella sentenza e quanto la scienza in tribunale può essere a disagio

La carica dei 700
In America si prospetta una class action contro Monsanto. Alla base dell’iniziativa pare vi sia l’inserimento di glifosate nella lista 2A dello Iarc

Vicende normative

Di seguito, la cronistoria di quanto successo a glifosate negli anni dal punto di vista della discussione politica e normativa, sia in Europa, sia in Italia.

Ma… che fine ha fatto il glifosate?
La Francia decisa a fugare gli ultimi dubbi sulla sua presunta cancerogenicità: al via studi in vitro e in vivo. L’iniziativa nell’ambito della procedura di rinnovo dell’approvazione europea dell’erbicida

Toscana “glifosate free” dal 2021
Il governatore Rossi ha annunciato, in conferenza stampa, la decisione della giunta di vietare il principio attivo a partire dal 31 dicembre 2021 su tutto il territorio regionale

Oggi parliamo di: iniziativa dei cittadini, di glifosate e di api
Come le iniziative dei cittadini influenzano il settore agrochimico

Bollettino di guerra del 24 aprile 2019. Proroga per 34 sostanze attive
Deciso chi dovrà valutare il prossimo dossier del glifosate e altri aggiornamenti da Bruxelles sui prodotti fitosanitari e non solo

Bollettino di guerra del 24 gennaio 2019: le proposte dell’Ue per i fitosanitari
Normativa europea. Il Parlamento europeo approva la relazione della commissione Pest, istituita in seguito alla vicenda glifosate: più trasparenza e attenzione alla salute e all’ambiente

Prodotti fitosanitari: l’estate di glufosinate e glifosate
Aggiornamento estivo: revocati dal 1° agosto 2018 i prodotti fitosanitari a base di glufosinate. Fuori dall’Europa continuano le vicende giudiziarie del glifosate

Fitosanitari, le richieste dell’Europarlamento
Più trasparenza nella procedura di approvazione, rendere pubblici gli studi fatti e rivalutare la cancerogenicità del glifosate

Tutti contro il glifosate: sostituirlo con “tanti piccoli martelli”
Normativa europea: la proposta del gruppo dei Verdi del Parlamento europeo

Glifosate senza pace, ora ci si mette anche una regione belga
Normativa europea: aggiornamento sugli ultimi guai giudiziari del famoso erbicida. La regione di Bruxelles-Capitale ha intentato una causa alla Commissione Ue

Glifosate: sette invece di cinque?
Normativa europea: pubblicata una risoluzione del Parlamento europeo che propone il rinnovo dell’approvazione dell’erbicida per sette anni anziché gli attuali cinque

Glifosate: è proprio vero!
Normativa europea: pubblicato il regolamento di rinnovo sino al 2022

Glifosate, Agrofarma soddisfatta per il rinnovo
Il presidente dell’associazione Alberto Ancora: “Centralità alla scienza, preoccupa il limite di cinque anni”

Glifosate, rinnovato per altri cinque anni
Normativa europea: decisiva la Germania per il rinnovo dell’approvazione

Glifosate: la Commissione Ue ha tirato diritto, ma solo metà dei paesi l’’hanno seguita
Normativa europea

Glifosate: è scontro tra Europarlamento e Commissione Ue
L’assemblea elettiva si è opposta alla proposta dell’organo esecutivo di rinnovare per dieci anni la licenza dell’erbicida, chiedendo invece il divieto totale di utilizzo entro il 15 dicembre 2022. Ora tocca agli Stati membri dire la loro

Glifosate, le valutazioni dell’Ue
Continua il dibattito sulla procedura di autorizzazione e sui possibili rischi per la salute. Ultima puntata, un’audizione pubblica organizzata dal Parlamento europeo

Ancora glifosate: riparte il conto alla rovescia
Normativa europea

Glifosate, la discussione continua
Dubbi sulla pericolosità o meno dell’erbicida e possibile rinnovo ultradecennale dell’autorizzazione: se ne parla nell’Unione europea

Glifosate, continua il dibattito a Bruxelles
Dubbi su eventuali effetti nocivi e preoccupazioni sul possibile ritiro dal mercato europeo dopo il voto della Commissione Ambiente del Pe: guarda l’intervista all’eurodeputato Giovanni La Via

Glifosate, verso il rinnovo nell’Ue
La Commissione europea è al lavoro per rinnovare l’utilizzo dell’erbicida, ma per un periodo inferiore ai quindici anni. Mentre si attendono altri pareri scientifici, Echa, Oms, Efsa e Fao hanno già dato la loro opinione positiva

Il glifosate è salvo (forse)
Anche per l’Echa non è cancerogeno. Normativa europea

Le ultime sul glifosate (per favore non chiamatelo glifosato)
Normativa europea

Agrofarmaci, finisce l’era del segreto industriale
Corte di Giustizia europea: il diritto di informazione ambientale prevale sulla riservatezza delle aziende. Il caso di due sentenze sul glifosate in Germania e Paesi Bassi

Glifosate: prorogate di tre mesi le scadenze per vendita e impiego dei prodotti revocati
Normativa nazionale

Avvisi ai naviganti n° 17 e 17bis: prodotti per l’uso non professionale e aggiornamento sul glifosate
Normativa europea

Glifosate: pugno di ferro delle autorità italiane
Normativa nazionale

Ancora glifosate: uscito il regolamento che vieta i prodotti contenenti ammina di sego etossilata
Normativa europea

Avviso ai naviganti n° 16. Glifosate: le restrizioni votate a luglio
Normativa europea

Avviso ai naviganti n° 15 bis. Glifosate: istruzioni per l’uso
Normativa europea

Agrofarma sull’estensione dell’utilizzo del glifosate per diciotto mesi
La decisione della Commissione europea è frutto di un compromesso politico. L’autorevolezza scientifica del sistema di autorizzazione non è in discussione

Glifosate, rinnovato per altri 18 mesi
La Commissione europea rinnova l’autorizzazione fino a fine 2017. La scadenza era fissata al 30 giugno 2016. Attenzione ai “coformulanti”, divieto per le tallow amine e misure speciali per aree pubbliche come parchi e parchi giochi

Non c’è solo il glifosate: le ultime da Bruxelles sugli altri agrofarmaci e non solo
Sicurezza alimentare

Avviso ai naviganti n° 15. Glifosate: che fare?
Normativa europea

Impasse sul glifosate
Niente maggioranza sul rinnovo dell’autorizzazione per un massimo di 18 mesi. La palla passa ora alla Commissione europea. Le organizzazioni agricole: “Senza rinnovo a rischio tutto il sistema di sicurezza alimentare dell’Ue”

Glifosate, il Parlamento Ue chiede di autorizzarlo per 7 anni
La risoluzione – di indirizzo politico, non legislativo – è stata votata il 13 aprile e limita l’uso all’ambito professionale. Adesso a decidere sarà il comitato di esperti di tutti i Paesi Ue che si riunirà a Bruxelles a metà maggio

Prodotti fitosanitari: aggiornamento dalla Ue (anche sul glifosate)
Normativa europea

Tre ministri e un diserbante
L’Italia ministeriale di Agricoltura, Ambiente e Salute si schiera orgogliosamente contro glifosate, come già fece per gli Ogm. Esultano anche le malerbe

Cronaca

Come si è inserito glifosate nell’ambito delle cronache legate all’agricoltura. Una sorta di rassegna stampa sulle diverse vicende occorse.

Corpo 8, con l’acqua alla gola
L’agricoltura fa i conti con i danni del maltempo. Allarme fitosanitario per gli agrumi. Gli stop al glifosate. La Pac che verrà. Slealtà sul latte. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 10 al 16 maggio

Corpo 8, l’incendio nel frutteto
Antichi rimedi contro le bizzarrie climatiche. Ma i danni restano. Giù l’export dell’ortofrutta. Torna la paura per i dazi Usa. La “saga” del glifosate. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 3 al 9 maggio

Corpo 8, vendemmia fra voucher e caporalato
Al via la raccolta dell’uva, ma non tutti apprezzano il ritorno dei voucher. Stretta sul caporalato. Il vino va forte all’estero, ma la concorrenza incalza. Ancora discussioni su Ceta e glifosate. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 3 al 30 agosto

Corpo 8, l’erbicida della discordia
Sul glifosate Bruxelles decide di non decidere (al momento), ma ha pochi dubbi sui tagli da fare alla Pac. Per fortuna ci salva l’export. Però latte e grano sono in affanno. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 24 al 30 novembre

Corpo 8, dagli al glifosate
Lo stop all’erbicida è rinviato. Xylella, via ai reimpianti e attenzione alla cimice. Bene le arance, male il vino. Da gennaio insetti nel piatto. E rispuntano le multe latte. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 20 al 26 ottobre

Corpo 8, il derby della frutta
Calano i consumi, ma l’ortofrutta tiene, insidiata però dai frutti esotici. Il grano non recupera e la siccità preoccupa. Glifosate nel mirino e alghe nel piatto. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 2 all’8 giugno

Corpo 8: glifosate sì, glifosate no
Dalla California nuovi dubbi su questo diserbante. Il Palazzo cancella i voucher, ma si dimentica dell’agricoltura. Nuove promesse di una Pac “semplice”. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 17 al 23 marzo

Corpo 8, chi ha paura della Brexit?
Preoccupazioni per i futuri equilibri commerciali. Ancora un rinvio da Bruxelles per latte e glifosate. Prime multe per la Xylella. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 24 al 30 giugno

Corpo 8, glifosate “stop & go”
Nuova battuta d’arresto per rinnovare l’autorizzazione. L’agricoltura cresce, ma i vigneti sono bloccati dalle quote. I danni del maltempo su frutta e ortaggi. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 2 al 9 giugno

Corpo 8, dal glifosate ai Pfas
È polemica per l’inquinamento da perfluoroalchili. E mentre le ciliegie sono bloccate dalla burocrazia, si cercano soluzioni per il latte. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 22 al 28 aprile

Corpo 8, effetto glifosate
È scontro sull’erbicida sotto esame della Ue. Intanto il latte affoga nella crisi e si accentuano le preoccupazioni per l’import di olio e pomodoro. Bene solo l’export di ortofrutta. Questi alcuni degli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell’agroalimentare dal 4 al 10 marzo

Altri approfondimenti

Miscellanea di altri articoli su glifosate, spaziando dalle proteste sociali alle allergie, dai comitati no-glifosate alle opinioni degli agricoltori.

Glifosate… e se non si potesse più utilizzare?
Costi elevati e risultati meno incisivi nella gestione delle infestanti: le possibili conseguenze illustrate nel corso degli Incontri fitoiatrici di Torino

L’erba in città è sempre più verde. E non è un bene
A due anni dall’applicazione delle nuove regole del Pan relative alle aree urbane si iniziano a misurare gli effetti del bando di glifosate

Glifosate, stop nell’area del Prosecco Conegliano Valdobbiadene
Approvato in via definitiva dai sindaci dell’area della Docg, il divieto avrà effetto dal primo gennaio 2019

Meglio cinque che niente
Interviste impossibili: glifosate. Il grande accusato, la causa di tutti i mali, o solo un esperimento di populismo mediatico?

“Non toglieteci il glifosate”
AgroNotizie intervista Fabrizio Giansante, agricoltore e contoterzista umbro, per il quale senza più glifosate sprofonderebbe la redditività dei campi, mettendo in crisi l’agricoltura locale

Trentino e Prosecco: due volti a confronto
Mentre in Trentino viene ammesso dithianon su vite, il consorzio del Prosecco bandisce glifosate, mancozeb e folpet. Sugli agrofarmaci il mondo-vino appare sempre più ostaggio di media e opinione pubblica

Le città ai cittadini, pollini permettendo
In Emilia Romagna vengono stabilite forti limitazioni agli agrofarmaci nelle aree urbane, mentre a Genova viene abolito del tutto glifosate, non senza problemi

Glifosate, 9 su 10 dicono sì
Dal sondaggio proposto da AgroNotizie sul rinnovo di glifosate emerge che all’agricoltura italiana serve e che vuole continuare a utilizzarlo

Idee molto confuse
L’Olanda bandisce glifosate per gli usi privati nei giardini domestici e in Italia c’è subito chi parte lancia in resta contro la molecola. Peccato lo faccia confondendo glifosate con clorpirifos

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Agrofarmaci e autorizzazioni: perché sono affidabili

La registrazione di una nuova molecola è lunga, complessa e costosa

Nella percezione popolare le multinazionali ottengono quello che vogliono pagando, incluse le autorizzazioni europee e nazionali dei propri prodotti. Ovviamente, non è così e capirlo è in fondo facile

Bustarelle, dossier scomodi insabbiati, connivenze e conflitti di interesse. Chi opera come il sottoscritto nel settore della difesa fitosanitaria incontra ogni giorno qualcuno che contesta l’attuale sistema di autorizzazione delle molecole, reputandolo torbido, sospetto, inaffidabile. Come conseguenza, si reclama l’affidamento della ralizzazione dei dossier a istituti indipendenti, togliendolo ai “contractors” privati che attualmente li sviluppano su commissione delle aziende. Tutto ragionevole? Niente affatto.

Sviluppo e registrazione: un cammino infinito

Ciò che la gente comune non sa, è che per fare arrivare una molecola a registrazione una multinazionale parte da oltre 10 mila candidate proposte dal Discovery e ne fa fuori lei stessa per strada il 99,99%. Nel volgere di pochi anni avviene infatti la prima scrematura, eliminando le candidate che non si siano rivelate abbastanza efficaci e stabili, o che abbiano mostrato tossicità elevate anche in test preliminari di breve periodo.

Una dopo l’altra, le meno idonee vengono eliminate dalla stessa multinazionale, la quale seleziona progressivamente quelle che hanno qualche possibilità di giungere alla fine del processo, superando i paletti posti dalle normative e dalle Autorità preposte alla valutazione finale, di tipo pubblico. Se una molecola ha delle criticità, viene quindi eliminata il più presto possibile per non perdere inutilmente denaro in un vicolo cieco.

E infine si arriva alle ultime fasi, quelle in cui tutto sembra andare per il meglio e si passa quindi alla preparazione dei dossier finali da sottoporre alle Autorità, l’Efsa in Europa. La multinazionale a quel punto ha infatti un’idea abbastanza chiara, ma alcune informazioni ancora le mancano o sono in itinere, come per esempio gli studi di lungo periodo. Nel frattempo, però, scommette sulle proprie molecole migliori e continua a investire per completarne i dossier, confidando che anche quegli ultimi test diano risultati positivi e che la registrazione diventi possibile.

In tale fase entrano in scena anche i cosiddetti “contractors”, ovvero delle società specializzate e certificate per la realizzazione di test tossicologici, ambientali e agronomici conformi alle richieste dei normatori pubblici, anche dal punto di vista formale.

Oltre che di laboratori delle multinazionali si parla cioè di aziende che operano in Good Laboratory Practice, come ha spiegato Angelo Moretto, direttore del Centro internazionale per gli antiparassitari e la prevenzione sanitaria in un’intervista su AgrNotizie di cui si riporta di seguito lo specifico passaggio relativo ai centri di saggio, i quali avrebbero secondo Moretto

“… tre differenze fondamentali rispetto agli studi pubblicati [dai ricercatori cosiddetti indipendenti, nda]: la prima, che vale per gli studi fatti per lo meno negli ultimi 25 anni, è che sono fatti sotto le buone pratiche di laboratorio, seguendo regole ben codificate sia per il disegno sperimentale, sia per le modalità di conduzione dello studio, di valutazione dei risultati, di archiviazione dei campioni eccetera. La seconda, è che hanno un sistema di qualità esterno che va a verificare che effettivamente siano state rispettate queste regole. Peraltro, soprattutto negli ultimi 15 anni, molti studi non sono nemmeno condotti dalle compagnie stesse, bensì da contractors esterni che talvolta neanche sanno il nome della sostanza perché viene data loro come siglato sperimentale. Terza differenza fondamentale è che chi fa la valutazione di questi studi, cioè gli organismi pubblici, ha accesso ai dati grezzi. Cioè a tutti i dati raccolti e non solo ai report finali. Se si vuole vedere per esempio che risultati ci sono per il ratto n° 4610, che ha fatto prelievi di sangue a 3, 6, 9 ,12 mesi, queste informazioni sono disponibili per ogni parametro cercato e misurato. È quasi come se il valutatore fosse presente nel laboratorio”.

Si potrebbe però obiettare come ciò possa aprire la strada alle critiche di inaffidabilità dei dati, perché forniti da qualcuno che direttamente o indirettamente può averli manipolati. E quindi prosegue Moretto:

Certo, uno può anche dire che i dati sono tutti inventati. Ma se è solo per questo, anche i lavori scientifici pubblicati possono contare su dati del tutto inventati. Anche perché le valutazioni peer review a fini di pubblicazione sono generalmente fatte solo sui dati sintetici, senza aver accesso ai dati grezzi. Se sorge un dubbio circa un effetto al fegato, coi dati grezzi io posso magari cercare correlazioni con gli effetti misurati su altri organi. Con gli studi pubblicati, invece, se non si vedono effetti rilevanti in un dato organo magari non li cita neanche nel lavoro finale da pubblicare. Queste sono le differenze fondamentali”.

In sostanza, l’attività dei laboratori privati è attentamente monitorata e sottoposta lei stessa a controlli severi. Il tutto proprio per scongiurare che vi sia compiacenza con i committenti.

In tal senso va anche smentito il supposto “conflitto di interesse“, spesso contrapposto a quello che vede gli enti di certificazione del biologico essere pagati direttamente dagli agricoltori stessi. Le due situazioni sono infatti molto differenti fra loro.

Al contrario di questi enti, infatti, pagati direttamente da chi acquista presso di loro le bio-certificazioni, i contractors non hanno alcun potere sui committenti. Non sono cioè loro a fare valutazioni in merito alla registrabilità delle molecole, né tanto meno hanno ruoli decisionali normativi. Sono cioè più che altro assimilabili a dei laboratori di analisi ove ci si reca per verificare i nostri livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue. Si paga, ci si sottopone al prelievo e infine si ritira il referto. Su di esso ci sono solo i valori, perché non è compito del laboratorio esprimere giudizi in merito. Né tanto meno spetta a lui dire cosa debba o non debba fare il soggetto analizzato.

Questo andrà quindi dal suo medico con il referto e sarà quest’ultimo a valutarlo e a trarne le debite considerazioni. Ovviamente, neanche il medico in questo caso può obbligare il paziente a mettersi a dieta, mentre l’Efsa può esprimere parere negativo su una richiesta di autorizzazione o porre ben precisi limiti applicativi in caso la multinazionale volesse comunque tentare di registrare lo stesso il proprio prodotto.

Avendo lavorato sei anni per una multinazionale, anche nel reparto Sviluppo, ho visto personalmente bocciare molecole alquanto promettenti già a livello aziendale. Un erbicida mostrava criticità ambientali su alcuni organismi acquatici e avrebbe avuto forti limitazioni di impiego. Un fungicida, invece, mostrò proprio all’ultimo dossier delle criticità tossicologiche di lungo periodo.

In entrambi i casi, nonostante fossero ormai prossime all’autorizzazione finale, la società decise di cassare le due molecole gettando al vento le svariate decine di milioni di dollari già investiti per ciascuna delle due. Nessuno ha mai visto quelle molecole nei campi, proprio perché fu la multinazionale stessa a depennarne il processo di autorizzazione.

Tutto ciò collide quindi fortemente con l’immaginario collettivo di aziende che addomesticano i risultati, o che falsificano dati, o ancora corrompono per far chiudere un occhio su dossier imbarazzanti.

Tutte situazioni buone per le trame di un film, non per il processo di autorizzazione delle molecole impiegate in agricoltura. Molecole che a volte impiegano più di dieci anni per vedere il mercato e hanno fatto spendere alla società produttrice anche più di cento milioni di dollari in ricerca e sviluppo.

Tempi e denari che se fossero vere le fantasie morbose dei complottisti non verrebbero certo spesi, adottando proprio quelle scorciatoie illegali e immorali di cui vengono spesso ingiustamente accusate da chi, di tali processi, capisce dal poco al nulla. Ma, purtroppo, non per questo si astiene dall’esprimere i propri sballatissimi giudizi.

Vi lascio quindi con due sottili domande:

  1. Se gli istituti sedicenti indipendenti venissero pagati loro per produrre i dossier registrativi opererebbero come contractors, obbligati alle medesime regole. Non è che quindi la loro supposta indipendenza andrebbe a farsi friggere, dal momento che i soldi che arriverebbero loro sarebbero sempre e comunque quelli delle medesime multinazionali?
  2. Inoltre, non è che, considerando il punto sopra, tutta la gazzarra fatta dagli istituti sedicenti indipendenti per togliere le prove sperimentali ai contractors, sia solo una squallida manovra per mettere loro le mani sui miliardi di dollari che attualmente finiscono in altre tasche?

A voi le risposte, ovviamente.

 

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Glifosate come il Ddt? Non diciamo stupidaggini

 

disinformazione

Troppe bufale sull’agrochimica

Nella foga rogaiola anti-glifosate, nata nel 2015 a causa di una pessima monografia prodotta dalla Iarc, si stanno moltiplicando anche i parallelismi fra l’insetticida organoclorurato, bandito nel 1972, e il diserbante di Monsanto, nonostante fra le due molecole vi siano differenze abissali sotto ogni punto di vista

Demonizzare, demonizzare, demonizzare. Con ogni mezzo. Questa la parola d’ordine nei confronti di glifosate dopo che nel marzo 2015 la Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha pubblicato una monografia alquanto opinabile che collocava l’erbicida in gruppo 2A, quello dei “probabili cancerogeni”. Letteralmente inascoltate da media, social network e opinione pubblica tutte le altre Autorità mondiali di regolamentazione, al cui parere positivo su glifosate si sono aggiunte perfino Oms e Fao. Tutte queste hanno duramente contraddetto la Iarc, smentendone i risultati. Uno sforzo inutile, a quanto pare, perché quella monografia continua a fare danni impunemente, grazie anche a una stampa generalista che come al solito dà voce a chi più risponde ai propri orientamenti editoriali anziché alla realtà dei fatti.

Fra le molteplici idiozie e falsità che circolano in rete su glifosate spicca il parallelismo con Ddt, insetticida organoclorurato bandito ormai da quasi 50 anni. Peccato che fra le due molecole esistano profonde differenze sia dal punto di vista chimico-fisico, sia dal punto di vista tossicologico e ambientale. In altre parole, dire che glifosate è come Ddt corrisponde più o meno a paragonare un dirigibile e un sottomarino solo perché hanno una forma vagamente simile e sono entrambi mossi da eliche.

La struttura chimica

Per parlare di chimica bisognerebbe averla masticata per lo meno nei suoi aspetti base, perché perfino due molecole apparentemente identiche dal punto di vista strutturale possono essere completamente diverse dal punto di vista del comportamento. Figuriamoci se hanno strutture del tutto differenti.

Ddt è un insetticida e appartiene alla famiglia chimica degli organoclorurati. Presenta infatti cinque atomi di cloro a completamento di una struttura molecolare basata su due anelli benzenici.

ddt-struttura

Il ddt ha una struttura molecolare basata su due anelli benzenici e cinque atomi di cloro, i quali conferiscono alla molecola alta persistenza e lipofilia

Glifosate è invece un analogo della glicina, un aminoacido, non presenta alogeni, né anelli benzenici e questo conferisce alla molecola comportamenti diametralmente opposti a Ddt, soprattutto in termini di persistenza, solubilità in acqua e affinità per le componenti lipidiche degli esseri viventi.

glifosate

La struttura molecolare di glifosate, semplice e lineare, ricca di gruppi OH, rende la molecola altamente idrofila e metabolizzabile

Il LogKow

Già qui se non si sa cosa sia un logaritmo si è messi male, ma ci si prova lo stesso a spiegare un concetto fondamentale per la comprensione del comportamento di una sostanza attiva nell’uomo e nell’ambiente: per stimare l’affinità verso le componenti lipidiche (lipofilia) oppure per l’acqua (idrofilia) si adotta il logaritmo in base 10 del coefficiente di ripartizione fra ottanolo, in rappresentanza delle materie grasse, e acqua. Tanto più la molecola tenderà ad andare nell’ottanolo rifuggendo l’acqua, tanto più sarà considerata lipofila. Un LogKow pari a 3, significa per esempio che quella molecola si concentrerà mille volte di più nell’ottanolo rispetto all’acqua. Se è pari a 4 significa 10.000 volte, 5 equivale a 100.000 volte e 6 a un milione di volte, eccetera.

Il LogKow di Ddt è pari a 6,91. Quasi 10 milioni di volte più solubile in ottanolo rispetto all’acqua. Quindi è praticamente insolubile nelle matrici acquose e per contro altamente solubile nelle materie grasse. Ciò gli conferisce un’elevata capacità di penetrare per esempio nei tessuti adiposi degli organismi, con tutto ciò che ne consegue, come si vedrà più avanti.

Il LogKow di glifosate è invece pari a -3,5. Già, un valore negativo. Ciò significa che l’erbicida è alcune migliaia di volte più solubile in acqua che in ottanolo. Ciò fa sì che esso non penetri nei tessuti adiposi e che preferisca stare nelle matrici acquose.

Riassumendo: Ddt = grassi, glifosate = acqua.

La persistenza

Mentre Ddt mostra una struttura chimica difficilmente attaccabile, quindi avanza una persistenza ambientale di alcuni decenni, glifosate ha una struttura chimica alquanto elementare che ne permette la degradazione microbica nel volgere generalmente di alcune settimane. Valore che sale nell’ordine dei mesi quando ci si trovi in un terreno freddo, asciutto e povero di sostanza organica. Tali differenze di persistenza e di “robustezza” delle due molecole permettono di posizionarle agli estremi opposti anche per questa caratteristica, oltre che per la lipofilia. La combinazione di persistenza e affinità per le sostanze lipofile fa poi sì che le due sostanze abbiano comportamenti ambientali completamente differenti, rapportandosi in modo diametralmente opposto anche nei confronti degli organismi viventi.

Riassumendo: Ddt = decenni, glifosate = settimane/mesi.

Diffusione ambientale

L’elevata persistenza di Ddt ha fatto sì che potesse diffondere per l’ambiente a livello planetario, trasportato in atmosfera e poi ridepositato al suolo tramite la neve nei cosiddetti “condensatori freddi”. Non a caso, Ddt si trova perfino al Polo Nord o sull’Himalaya.

Glifosate tende a essere asportato dal terreno dalle piogge, finendone una quota nelle acque, soprattutto superficiali (canali, fiumi). La sua diffusione è cioè di tipo strettamente locale, anche grazie alla bassa persistenza che fa sì che anche nella matrice acquosa l’erbicida venga degradato velocemente. Il suo reperimento anno dopo anno è cioè semplicemente dovuto al suo uso continuativo. Se non si usasse più glifosate, nel volgere di circa un anno esso scomparirebbe in pratica dalle matrici in cui normalmente si trova oggi, al contrario del Ddt le cui molecole usate negli Anni 60 si possono trovare ancora oggi un po’ dappertutto.

Riassumendo: Ddt = scala globale, glifosate = scala locale.

Bioaccumulo e biomagnificazione

Se una molecola presenta alti valori di LogKow e contemporaneamente di persistenza, il bioaccumulo in un organismo diventa progressivamente maggiore al crescere di queste due caratteristiche. Il Ddt infatti bioaccumula vistosamente, perché una volta assorbito si cercherà matrici lipidiche in cui penetrare e da lì ci metterà molti anni per essere smaltito. Se lo smaltimento è più lento dell’assunzione, si verifica infatti il cosiddetto “bioaccumulo”, ovvero l’aumento progressivo delle concentrazioni della molecola nell’organismo. Per “biomagnificazione” si intende invece il fenomeno per il quale una sostanza attiva cresce nelle concentrazioni passando da un anello all’altro della catena trofica. Se nelle alghe unicellulari è a 10 nanogrammi, nei microcrostacei acquatici che se ne cibano potrà salire per esempio a 50, poi a 200 nel krill, a 500 nel pesce che se lo mangia e poi a mille nelle foche o negli uccelli che predano quei pesci.

Mentre Ddt presenta entrambi i comportamenti, altre sostanze a elevata lipofilia non li ricalcano affatto. Permetrina, insetticida piretroide, ha un LogKow di 6,5 quindi molto vicino a quello di Ddt. La permetrina, però, si degrada in modo veloce e ha una struttura molecolare facilmente attaccabile dagli organismi viventi. Per questa ragione, pur avendo un’elevata affinità per la materia grassa non bioaccumulerà nell’organismo, né si biomagnificherà lungo la catena trofica.

Men che meno presenta questi comportamenti glifosate, il quale grazie alla sua idrofilia viene escreto per circa il 70% direttamente con le feci, senza nemmeno essere assorbito a livello intestinale, venendo poi escreto per il rimanente 30% circa con le urine. Meno dell’1% viene metabolizzato in Ampa, il suo metabolita, ancor più solubile ed escreto anch’esso per via urinaria. Quindi, non solo glifosate non penetra praticamente nelle cellule se non in una porzione di pochi punti per mille del totale ingerito, ma nemmeno penetra nelle componenti lipidiche, né tantomeno vi si accumula.

Riassumendo: Ddt = “entra e resta”, glifosate = “passa e va”.

Tossicità

Ddt ha una tossicità acuta orale per i mammiferi che è circa dieci volte superiore a quella di glifosate, mostrando effetti a carico del fegato anche a dosi di pochi milligrammi per chilo di peso corporeo. Produce inoltre effetti a carico dei processi riproduttivi, dovuti alla sua attività di interferente endocrino.

Glifosate, oltre a essere meno tossico per via acuta, risulta molto meglio tollerato dai mammiferi nei test di lungo periodo, non risulta interferente endocrino né mostra effetti a carico della riproduzione. In altre parole, è ampiamente migliore di Ddt sotto una molteplicità di aspetti tossicologici. Un profilo tossicologico positivo, quello di glifosate, riconosciuto tale da tutte le autorità mondiali di regolamentazione, americane, europee, canadesi, giapponesi, svizzere, australiane, neozelandesi…

Conclusioni

Dal preciso momento che il battage mediatico su glifosate ha stimolato media e “commentatori” di tipo generico, i parallelismi fra l’insetticida e l’erbicida sono divenuti uno dei tanti modi per criminalizzare quest’ultimo. Come visto, poche altre cose sono risultate false su glifosate come appunto il paragone con Ddt.

Anche per i pregi. Già, perché mentre glifosate ha in fondo contribuito a produrre più cibo, migliorando il benessere e i livelli di approvvigionamento alimentare globali, a Ddt devono letteralmente la vita alcune centinaia di milioni di persone al Mondo, dato che grazie ad esso la malaria venne rintuzzata in ampie porzioni del Pianeta, salvando centinaia di migliaia di Esseri umani ogni anno. Da questi, in 40 anni circa di impiego diffuso, sono derivate diverse generazione di persone. Persone che non sarebbero quindi nemmeno esistite se Ddt non avesse protetto loro e i loro progenitori dalla malaria, trasmessa da una zanzara.

Ancora oggi, al Mondo muoiono circa 800 mila persone ogni anno a causa della malaria. Pensandoci bene, Ddt qualcosa di buono l’ha quindi fatto pure lui. E magari chi lo usa come spauracchio per criminalizzare glifosate non sarebbe nemmeno su web a spargere sciocchezze se quell’insetticida non avesse salvato dalla malaria nonni e bisnonni nell’immediato Dopoguerra, quando fu grazie a un massiccio impiego di Ddt se la patologia venne debellata definitivamente anche in Italia.

A glifosate, invece, dobbiamo una discreta parte di ciò che giunge sulle nostre tavole. Se poi lo sprechiamo, non diamo la colpa a lui. Siamo noi sbagliati, non l’erbicida.

Sarebbe quindi bene che prima di esprimersi in modo approssimativo, quando non addirittura falsificando la realtà, si facesse i conti con il proprio reale livello di consapevolezza di chi si è e del perché esistiamo, per giunta ben pasciuti e benestanti. Evitando magari anche l’arroganza di parlare di cose di cui nei fatti si dimostra di sapere dal poco al nulla.

Disclaimer 1: nessun commento è ammesso. La spiegazione qui

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Avidità, bugie e glifosate: i “Portier Papers” (e molto altro)

Fiumi di denaro dietro le accuse a glifosate di causare il cancro

David Zaruk, alias Risk-Monger, ovvero la declinazione sui rischi del famigerato “fear mongering”, traducibile come l’attività di seminare news allarmanti per creare paura nelle persone e poi sfruttarla per fini tutt’altro che nobili.

David Zaruk, il Risk Monger, fa l’opposto: combatte il fear mongering. Un comunicatore dal curriculum interessante.

Dal 2000 Zaruk è specialista per la Comunità europea per la comunicazione sui rischi e sulla scienza. Attivo negli eventi politici dell’Ue, dai regolamenti REACH e SCALE alla direttiva sui pesticidi, dalle questioni legate alla scienza per come viene percepita dalla società, all’uso del “principio di precauzione“.

È stato anche membro del team che ha istituito GreenFacts, finalizzato a incoraggiare un più ampio utilizzo dei processi decisionali basati sulle evidenze scientifiche nella Ue in materia di salute ambientale.

David è inoltre professore aggiunto presso l’Université Saint-Louis Brussel e KUL Brussel (Odise), dove ha tenuto lezioni su Risk Communications, lobbying e comunicazione aziendale. Inoltre fa formazione e tiene conferenze, specialmente sulla percezione del Risk Management.

Quella che segue è la traduzione integrale dall’inglese del suo post in cui spiega i retroscena legati alla faccenda glifosate, focalizzando soprattutto sui cosiddetti “Portier Papers“, ovvero le rivelazioni imbarazzanti emerse su Christopher Portier, colui il quale, sebbene attivista di un’associazione ecologista anti-pesticidi – e non sapesse alcunché di glifosate, per sua stessa ammissione – è riuscito a farsi nominare Presidente della Commissione dello Iarc che ha deciso di mettere sotto indagine glifosate. Ha potuto cioè influenzare il gruppo di lavoro dei 17 esperti dell’Agenzia, salvo poi firmare un contratto come consulente di parte con uno studio legale che aveva già pronta una Class Action contro Monsanto.

La cifra pattuita? 160 mila dollari. Giusto per capire che i conflitti di interessi sono spesso percepiti a senso unico.

Dove sta l’inghippo? Portier l’avrebbe firmato la medesima settimana in cui è stata resa pubblica la Monografia dello Iarc che dichiarava glifosate “probabile cancerogeno“.

In altre parole, Portier è ora sospettato di qualcosa di simile a quello che in Borsa viene definito “Insider trading“, ovvero la possibilità di lucrare personalmente in Borsa sapendo già (e influenzando pure) gli andamenti dei titoli quotati.

I “Portier Papers” giungono quindi dopo i “Monsanto Papers“, ove si accusava la Casa di St. Louis di influenzare il lavoro di alcuni scienziati. Nel mezzo sono emersi quindi gli “Aaron Blair Papers“, ovvero gli studi rimasti nel cassetto dell’epidemiologo del Cancer Research Center americano anziché essere pubblicati e resi in tal modo valutabili dallo Iarc.

Blair sarebbe stato anche Chairman del gruppo di lavoro Iarc che ha giudicato glifosate cancerogeno (linfomi non-Hodgkin) e nonostante ciò, per motivi ancora tutti da chiarire, ha taciuto dell’esistenza di lavori epidemiologici validi e robusti che deponevano a favore dell’innocenza dell’erbicida. Lavori che quindi il gruppo Iarc non ha potuto nemmeno vedere.

E se poi ancora non bastasse tutto ciò per indignarsi professionalmente e umanamente, giunge anche una notizia su Reuters che scoperchia ulteriormente un pentolone che diventa sempre più imbarazzante ogni volta che qualcuno vi giri dentro il mestolo dell’indagine giornalistica: circa dieci passaggi dei draft-report di Iarc – che non confermavano il legame glifosate-tumori – sono stati modificati da qualche membro del gruppo di lavoro dell’Agenzia facendoli volgere a conclusioni diverse, ovvero che tali legami ci sarebbero. Modifiche che hanno cambiato, come detto, una decina di passaggi fondamentali per il giudizio finale.

Non si sa ancora da chi siano state operate tale modifiche prive di alcuna giustificazione. Ovviamente, gli “esperti” dello Iarc, interrogati da Reuters sul tema, non rispondono. Forse perché sentono che il cappio della verità si sta stringendo intorno anche al loro di collo, oltre che a quello di Portier?
Di certo, più passa il tempo e più evidenze emergono, quel Gruppo appare sempre meno attendibile, svelandosi al contrario come un team in cui hanno potuto operare manipolatori a vario titolo e grado di interesse. Una situazione indegna del ruolo che è stato loro assegnato in un’Agenzia prestigiosa come lo Iarc.

Il tutto, a ulteriore dimostrazione del clima decisamente opaco, sospetto e avvelenato che si è agitato su glifosate, tanto da concludere che la monografia attuale dello Iarc sia gravata da così tanti scandali e interessi, sia stato così influenzato in modo torbido e sottile, da non essere più considerabile valido da qualsiasi punto di vista. Quella monografia va RITIRATA. Per l’onorabilità dell’Oms innanzitutto, ancor prima che per l’equità di giudizio su glifosate. Ovvero la grande assente in tutto il groviglio di intrallazzi che su questo erbicida si agitano da anni.

Urge cioè rifarla da capo, magari componendo un gruppo di lavoro diverso da quello precedente. Possibilmente al di sopra di ogni sospetto, non infiltrato cioè da alcuna longa manus né di aziende, né di associazioni ambientaliste dichiaratamente schierate contro l’oggetto della valutazione.

Soprattutto, dovrebbe essere riprodotta analizzando anche tutti quei lavori tenuti nascosti al turno precedente, eliminando quelli palesemente inconsistenti che invece avrebbero condannato l’erbicida. Perché uno studio epidemiologico basato su sette persone (Hardell & Eriksson, 1999), quattro di qua e tre di là, dovrebbe essere utilizzato come succedaneo della carta igienica, non come lavoro scientifico atto a valutare la cancerogenicità di una molecola.

Ed ecco ora il link dove si riporta il controinterrogatorio di Portier in lingua inglese

 

Di seguito: la traduzione integrale dal blog di David Zaruk, alias Risk Monger

Si tratta del “racconto” di come uno scienziato, Christopher Portier, demolisca la reputazione della scienza, dei consigli scientifici e di un’agenzia dell’OMS. Invita a mettere in discussione il finanziamento, la trasparenza e la motivazione degli attivisti anti-glifosate, il ruolo dello IARC nelle pratiche legali anti-corporative americane e la qualità degli scienziati che si occupano di questo. Questa storia dimostra come l’intera campagna contro il glifosate sia stata costruita sull’avidità e sull’inganno.

Questo post si basa sulle deposizioni di Christopher Portier alle udienze legali in materia di responsabilità legate ai casi contro il Roundup di Monsanto (comunemente noti come “Monsanto Papers”). Portier è stato il consulente speciale esterno del gruppo di lavoro dello IARC che ha elaborato la conclusione che il “glifosate è probabilmente cancerogeno”. Questa storia evidenzierà le seguenti informazioni:

  • Durante la stessa settimana in cui lo IARC pubblicò il suo parere sulla cancerogenicità del glifosate, Christopher Portier firmò un vantaggioso contratto come consulente di due studi legali che citano in giudizio Monsanto per conto delle vittime di cancro (si dice) dovuto al glifosate.
  • Questo contratto ha fruttato a Portier almeno 160.000 dollari (fino al giugno 2017) per iniziative preparatorie come consulente legale (in cui non rientrano i costi delle trasferte).
  • Questo contratto conteneva una clausola di riservatezza che limitava Portier dal poter dichiarare ufficialmente la sua posizione. Oltre a ciò, Portier ha addirittura dichiarato che non è stato pagato un centesimo per il lavoro che ha fatto sul glifosate.
  • È chiaro dalle e-mail fornite nella deposizione, che il ruolo di Portier sia stato cruciale per il movimento che supporta la richiesta di divieto dell’uso del glifosate. Portier promise allo IARC di proteggerne la reputazione, i risultati della monografia e di gestire le reazioni contrarie alle conclusioni IARC di BfR e EFSA.
  • Portier ha ammesso nella deposizione che prima dei meeting IARC sul glifosate, dove era l’unico consulente esperto esterno, non aveva mai lavorato e non aveva avuto esperienza con il glifosate stesso.

Sono ancora troppo scioccato per capire da dove cominciare! Forse da un po’ di storia.

Background:

Glifosate è un erbicida “leggermente tossico” ampiamente utilizzato dagli agricoltori dell’UE per il controllo delle malerbe; il suo uso permette l’utilizzo di pratiche agricole conservative che proteggono e migliorano la salute del suolo. Questa molecola è utilizzata in modo efficace da oltre 40 anni e ancora oggi è una risposta economica e sostenibile ai bisogni degli agricoltori. Fuori dall’Europa, è utilizzato anche in combinazione con semi modificati resistenti agli erbicidi (più noto come base per il Roundup di Monsanto utilizzato con i semi di Roundup-Ready).

Nel marzo 2015, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha pubblicato le sue conclusioni, giudicando che il glifosate sia probabilmente cancerogeno. Ciò ha scatenato un’ondata di campagne tra gli attivisti ambientalisti, le ONG anti-OGM e l’industria alimentare a favore di un divieto del glifosate. Tutti gli altri organi scientifici e gli istituti di ricerca hanno respinto la conclusione IARC, senza eccezioni. Il voto sul rinnovo è atteso da due anni da parte della Commissione Europea, ma fino ad ora è stato bloccato dagli Stati membri. È probabile che anche l’ultima votazione prevista per il prossimo mese fallirà e il glifosate sarà eliminato dai mercati europei.

Christopher Portier ha presieduto una commissione IARC nel 2014 che ha proposto glifosate come sostanza da studiare dal gruppo di lavoro addetto alle monografie, di cui Portier era l’unico specialista invitato. Sono stato sorpreso che Portier facesse parte di questo panel dello IARC, data la sua affiliazione con Environmental Defence Fund, un’organizzazione americana che esegue campagne contro gli antiparassitari dagli anni ’60. Da due anni stavo documentando come lo IARC e Portier in particolare, avessero agito mossi da un fervore attivista per spingere un chiaro programma anti-glifosate e anti-Monsanto (avendo scritto più di 20 post su questo scandalo). Portier fa parte di quell’ondata di attivisti anti-OMG americani che ho definito “carpetbagger”, che hanno portato fondi, personale e strategie da Washington al terreno di lobbying più fertile di Bruxelles.

Mungere Monsanto

All’epoca in cui lo IARC ha pubblicato le sue conclusioni sul glifosate, Christopher Portier si è unito a due studi legali (Lundy, Lundy, Soleau & South e Weitz & Luxenberg) come consulente. Aveva anche avuto contatti con il signor Lundy due mesi prima di aderire alla riunione del gruppo di lavoro sul glifosate. Come consulente, l’onorario di Portier, secondo il rapporto presentato prima della deposizione, è di 450 USD/ora. A giugno 2017, Portier aveva fatturato Lundy, Lundy, Soleau & South 160.000 dollari per la preparazione iniziale dei documenti.

Il suo ruolo era quello di leggere i documenti e consigliare gli avvocati sulle questioni scientifiche poiché le due società hanno preparato ricorsi contro Monsanto. Il fatto che Lundy, Soleau & South e Weitz & Luxenberg stavano progettando una strategia di cause a Monsanto prima che lo IARC tenesse la riunione del gruppo di lavoro sul glifosate e stavano allineando il loro “dream team”, non dovrebbe sorprendere: gli avvocati che gestiscono le class action sono una razza diversa di opportunisti.

Ma Portier non pensava come uno scienziato quando aveva previsto questo schema di pensionamento. Si può facilmente immaginare che una lunga serie di cause protratte contro Monsanto possa essere molto redditizia per un buon scienziato. Quello che ho trovato straordinario, così come gli avvocati, è quanto il Dott. Portier sia stato meticoloso nella sua ricerca. Ha fatturato allo studio legale 19 ore di lavoro per leggere un memo a due pagine.

19 ore per leggere due pagine (a 450 USD / ora).

Ciò suggerisce che lo studio legale avesse abbastanza denaro cash, pratiche contabili molto indulgenti o che stesse permettendo a Portier di fatturare altri compensi che avrebbe preferito tenere fuori dai libri contabili.

Questo eccesso di fatturazione potrebbe spiegare il vivace stile di vita di Portier, che visita capitali da Auckland a Ottawa, ovunque ci siano meeting per valutare il divieto del glifosate. Non penso che lo facesse per bontà d’animo.

Ora, Risk Monger non è invidioso (ha abbastanza soldi per vivere bene e abbastanza tempo libero per il blog), ma non posso fare a meno di notare l’ipocrisia. Né possono farlo gli avvocati della difesa. C’è uno scienziato pagato profumatamente per leggere alcuni documenti (o memo) che contemporaneamente continua a supportare gli attivisti che criticano i ricercatori finanziati dall’industria o che potrebbero prendere decisioni spinti da “motivazioni economiche“.

Il lato positivo è che quando l’industria finanzia la ricerca, di solito rivela i propri finanziamenti. Mi chiedo se il dottor Portier sia altrettanto trasparente su chi paga il suo affitto?

 

Portier: nessuna trasparenza

Il contratto di Portier con lo studio legale prevede, come molti rapporti giuridici, una tassativa riservatezza. Una sorta di privilegio “avvocato-cliente”, ma per scienziati. In altre parole, Chris poteva essere pagato fino a quando non avesse dichiarato di agire come consulente legale.

A Portier non era pertanto consentito – vincolato dal contratto – di essere trasparente. Non poteva dire ai media, alle riviste, ad altri esperti chi pagava il suo affitto. Infatti, se qualcuno avesse cercato di costringere il buon scienziato a divulgare le sue fonti di finanziamento, Portier avrebbe potuto chiedere l’intervento dei suoi avvocati. Ora chiamatemi ingenuo, ma pensavo che tale tipo di protezione fosse data solo ai contabili mafiosi.

Durante la deposizione, l’avvocato della difesa ha passato in rassegna ogni riunione, ogni carta, lettera o attività e Portier ha ammesso, in ogni punto, di non aver identificato il conflitto di interesse o riconosciuto gli studi legali. Ma continua ad attaccare Monsanto su questo.

Così Portier viaggia nel mondo, incontra il Commissario Europeo per la Sanità, si reca all’Agenzia Europea per le sostanze chimiche per un the, consiglia il Bundestag tedesco e si incontra con quasi tutti i ministri della salute o dell’ambiente in tutta l’Unione Europea che combattono la battaglia per abolire il glifosate, mentre allo stesso tempo mette sotto torchio Monsanto. Ma nella parte più nascosta della sua mente ci sarebbe dovuta essere una paura latente e fastidiosa che alla fine qualcuno gli avrebbe chiesto, durante una conversazione,: “Dimmi, Chris, chi finanzia le tue attività?“.

Al momento della deposizione, quando tutto fu finalmente reso pubblico, Portier avrebbe dovuto essere stanco di portare questo fardello.

Al contrario, Christopher Portier sembrava a suo agio nel mentire sulle sue entrate, arricchendo la storia con esagerazioni. Avrebbe raccontato ad un giornalista che “nessuno gli aveva pagato un centesimo” e che “non aveva alcun conflitto di interessi” quando invece aveva ricevuto almeno 160.000 dollari per le sue consulenze. “Sul serio Chris? Hai davvero usato quella parola quando in realtà sei stato completamente “comprato”?

Nella difesa di Portier, ci potrebbe essere una questione legata semplicemente all’ignoranza; Portier potrebbe essere un’altra di quelle persone che pensano che il “conflitto di interesse” accada solo a malvagi che si occupano di corporate. Nel CV che ha depositato nella sua relazione, Portier non ha menzionato il suo lavoro per l’Environmental Defense Fund. Anche durante la deposizione ha sbeffeggiato le persone che avevano pensato che il suo lavoro per EDF avrebbe potuto rappresentare un conflitto di interessi.

Dopo la pubblicazione della sua deposizione, i suoi committenti hanno dovuto fare marcia indietro. Quando si è presentato di fronte al Parlamento Europeo ieri, Portier ha ammesso per chi stava lavorando.

La nuova manna Anti-Corporate

C’è stata molta attenzione su come l’industria influenzi la politica, ma scarsa su come alcuni studi legali che si occupano di class action stiano usando prove delicate (di solito provenienti dallo IARC) per organizzare contenziosi su larga scala contro le grandi corporation.

Durante il periodo delle cause contro le multinazionali del tabacco, è emersa una certa razza di avvocato: quello che identifica le vittime e negozia rapidi accordi. I guadagni sono cresciuti, o grazie a grandi vittorie o grazie ai patteggiamenti. Gli avvocati attirano le vittime con politiche a zero costi e il pagamento delle spese legali solo quando si ottiene un indennizzo (a volte fino al 50%).

Ma una volta che l’industria del tabacco ha negoziato una tregua con il governo americano (in cambio di un po’ di onestà sugli effetti del fumo), questi avvocati dovevano trovare nuovi argomenti e nuove vittime per fare cassa. Ogni monografia pubblicata dallo IARC rappresenta un nuovo potenziale settore dell’industria che nutre questi serpenti.

Questi studi legali si rivolgono anche alle campagne e ai dibattiti politici per alimentare l’indignazione pubblica nei confronti delle vittime di presunti illeciti aziendali, gestiscono in maniera efficace siti di comunicazione e nel caso di Weitz & Luxenberg (tra i principali finanziatori di Portier), lavorano con ONG, quali US Right to Know.

Questo è ciò che chiamo il “Principio di Oreskes”. Naomi Oreskes ha organizzato nel 2012 una conferenza con l’“Union of Concerned Scientists”, di cui fanno parte alcuni avvocati piuttosto scrupolosi, rappresentanti di ONG e accademici. Questa strategia sconvolgente cerca di mettere le aziende sotto la continua pressione di contenziosi fino a quando cambiano strategia o falliscono. Nel 2012, hanno trovato il modo di citare in giudizio le compagnie petrolifere come ExxonMobil in relazione al cambiamento climatico e, alcuni anni dopo, l’avvocato generale di New York ha citato la Exxon (e i suoi consulenti) a comparire per una possibile causa per avere ingannato gli investitori sui potenziali effetti del cambiamento climatico.

L’obiettivo principale del Principio Oreskes è quello di condurre campagne emotive, prima di comparire in tribunale, creare una tale indignazione pubblica che nessuna giuria sarebbe più in grado di essere oggettiva o di separare i fatti dalla campagna di denigrazione. Manipolare la percezione del pubblico, creare paura o indignazione collaborando con attivisti, guru e ONG, trovare un capro espiatorio e fare causa a chiunque. Suona familiare?

Questa strategia è messa in scena non solo con Monsanto: Johnson & Johnson sta attualmente combattendo contro oltre 4500 cause (con una recente sentenza di dover pagare 417 milioni di USD) dovute al sospetto legame tra cancro e polvere di talco (tratto da un’altra infelice monografia IARC).

Ci sono diversi altri esempi di class action trainate dai risultati dello IARC (da alcuni solventi industriali ai gas di scarico diesel). Con ogni monografia basata sui pericoli, IARC sta riempendo le tasche di avvocati senza scrupoli che estorcono denaro alle vittime e ingannano giurie scientificamente impreparate. Basta inserire un consulente legale proveniente dal gruppo di lavoro monografico originale per aggiungere credibilità e aspettare che i soldi comincino ad arrivare.

Un problema che ho con questo sistema (in realtà, ho decine di problemi con questo modello) è che gli studi legali (in particolare la razza “class action”) non sono affatto trasparenti. Sappiamo, ad esempio, che Weitz & Luxenberg sta lavorando con USRTK, lo ammettono, ma non sappiamo quanto pagano la ONG per assoggettare i potenziali giurati o se stanno finanziando altre ONG. Quanto questi studi legali sostengono gruppi di attivisti?

Ci si chiede quanto IARC sia a conoscenza di ciò, quanto giochino con queste cause e se gli scienziati del gruppo di lavoro siano consapevoli del potenziale reddito che avrebbero a disposizione come “consulenti di causa”. Chiaramente Portier lo sapeva e avrebbe dovuto solo aspettare che l’inchiostro della monografia si fosse asciugato per poter incassare il suo guadagno.

Portier, in una e-mail agli amministratori di IARC, ha preso su di sé il fardello di salvare eroicamente la monografia IARC sul glifosate e di preservare la reputazione dell’Istituto in qualità di leader nella lotta per modificare il processo di revisione delle sostanze. Nel messaggio pubblicato qui, Portier ha promesso con vigore ai suoi amici dello IARC di essere il difensore dell’agenzia! Ciò significa che Portier è stato il principale difensore sia dello IARC sia della decisione sul glifosate.

Allora cosa significherebbe il disonore di Portier per la monografia IARC? Se la monografia fosse ritirata, cosa succederebbe a tutte le azioni legali contro Monsanto? Cosa accadrebbe a tutti gli “amabili” compensi per consulenza?

Non credo che Portier abbia lavorato così instancabilmente negli ultimi due anni per la necessità di difendere l’esattezza della scienza o la preoccupazione per la salute pubblica, ma piuttosto, se lo IARC fosse costretto a ritirare questa monografia:

  • le migliaia di cause depositate contro Monsanto andrebbero perdute,
  • il contratto di consulenza lucrativo di Portier con questi due studi legali di diritto sarebbe perso
  • la sua reputazione scientifica sarebbe persa

Così, per avidità personale, Christopher Portier ha condotto un attacco di due anni contro l’EFSA e il BfR per minare la loro credibilità scientifica riguardo al glifosate, visitando capitali europee, interferendo in attività di agenzie di regolamentazione e vivendo una vita nel completo inganno!

Ma la scienza non è questo. Glifosate è risultato non cancerogeno secondo ogni standard di valutazione dei rischi. Nessun’altra agenzia ha sostenuto la controversa conclusione di IARC. Non una!

Ora arriva la parte veramente tremenda di questa terribile storia.

Portier è anche un esperto?

Prima di essere salito alla ribalta come consulente speciale esperto della monografia 112 sul glifosate dello IARC, Christopher Portier ha ammesso, nella sua deposizione, di non aver mai lavorato su questa molecola, di non avere mai considerato nessuna delle prove sulla sua cancerogenicità. È un esperto di statistica che ha lavorato in passato su un’ampia gamma di argomenti, tra cui i telefoni cellulari.

Molti si chiedono innanzitutto per quale motivo lo IARC abbia invitato Portier a esser l’unico consulente esperto se non ha mai lavorato, non ha mai pubblicato o non è ha mai avuto nessun coinvolgimento nella comunità tossicologica che si occupa di pesticidi in generale e del glifosate in particolare. Beh, chiunque abbia esaminato quella piccola agenzia di Lione capirà che lo IARC non è molto scientifico, ma più un club di scienziati attivisti e di interessi speciali. Kurt Straif e Kate Guyton conoscevano Chris molto bene: la capacità scientifica reale non importava!

Ancora più interessante è il motivo per cui Portier ha deciso di essere d’aiuto in questa funzione vitale su ciò che sapeva sarebbe stata una monografia controversa dato che non aveva un backgound accademico credibile, chiaramente un conflitto di interessi (lavorando per un’organizzazione anti-pesticidi) e nessun vero motivo per essere coinvolto. Ha accettato questo compito per via del contratto vantaggioso che avrebbe ottenuto come consulente degli studi legali che sapeva già in anticipo avrebbero avuto intenzione di fare causa a Monsanto? Per via del suo odio per la scienza a servizio dell’industria e delle cospirazioni di Monsanto che erano già state pubblicate? Era suo desiderio cambiare l’approccio alla valutazione dei rischi (con il glifosate come rampa di lancio)? Probabilmente tutte queste ragioni insieme, ma credo che il suo operato dopo la pubblicazione IARC sia stato ampiamente guidato dall’interesse personale e dall’avidità. Una cosa è chiara, il suo ragionamento non è stato guidato da alcun desiderio di far avanzare la scienza o assicurare una sana politica basata sulla scienza!

Se Portier avesse lavorato per Monsanto …

Christopher Portier ha agito per un chiaro interesse personale, non ha rivelato da chi era pagato per fare lobby ai più alti livelli, ha uniformato i suoi interessi alla convinzione che glifosate fosse cancerogeno e ha portato le persone a credere che fosse un esperto di glifosate. Le sue azioni agguerrite hanno tolto fiducia nella scienza, nei regolamenti e nell’agricoltura convenzionale. Si è schierato con un esercito di lobbyisti e attivisti che per interessi personali stanno incolpando Monsanto con ciò che Christopher ha ammesso nella sua deposizione di aver fatto.

La scienza non è dalla parte di Portier … per niente. Né la verità. Né le norme di base dell’umana decenza.

Domani terrò una conferenza e vedrò il mio cardiologo. Questo blog può avere un po’ di diffusione, forse una ripresa o due tra chi concorda che la scienza debba essere rispettata. I lobbysti del “naturale” lo ignorano in gran parte e continuano ad attaccare Monsanto (potrebbero dire, con un tono machiavellico, che Chris ha dovuto farlo per mostrare alla gente quanto sia terribile Monsanto). Gli ingegnosi abili scrittori nel movimento possono addirittura elevare Portier al livello messianico perché ho usato aggettivi poco rispettosi (e sarò attaccato da tutte quelle persone pagate per creare odio). Entro la prossima settimana, questo post sarà dimenticato e scriverò qualcosa di simile sui prodotti chimici considerati come interferenti endocrini.

Come usciamo da questa narrazione incredibilmente stupida? Come possiamo far aprire gli occhi e far capire che l’intero movimento per vietare il glifosate, danneggiare gli agricoltori e influenzare i consumatori è basato su avidità e bugie? Come portiamo gli enti di controllo a mostrare il proprio coraggio e fare il proprio lavoro?

Non posso rispondere a questo… posso solo sperare che anche altri inizino a farsi queste domande.

Commento personale (di Zaruk)

Molti seguaci di Risk-Monger avranno notato le offese che ho ricevuto nelle ultime settimane, in particolare nei media belgi e francesi, legati alla campagna anti-glifosate, con affermazioni infondate su di me come poster-boy della lobby di Monsanto. Ricorderete come ho iniziato le mie critiche sulla monografia 112 di IARC oltre 30 mesi fa, appena dopo la pubblicazione dei loro risultati sul glifosate, con i media principali che pubblicano lo scandalo dello IARCgate solo un anno dopo e solo dopo che gli attivisti sono riusciti a far chiudere la mia vecchia pagina blog a causa della mia difesa del glifosate. Vedrete gli attacchi quotidiani su di me sui social media (ieri circa 300 insulti sul mio account twitter) e vi stupirete di quanto mi senta scagionato leggendo le scioccanti deposizioni di Portier.

Mi sento piuttosto triste.

Triste per ciò che questi attivisti hanno fatto alla reputazione della scienza.

Triste per la perdita di fiducia dell’opinione pubblica nelle agenzie che regolano i prodotti fitosanitari.

Triste per come gli agricoltori siano stati lasciati senza voce, persi nel volume degli attacchi opportunistici da parte della lobby dell’industria alimentare biologica.

Triste che la deposizione di Portier è apparsa da una settimana e io sia la prima persona a sollevare l’attenzione su di essa.

Triste che i regolatori a Bruxelles vedono queste informazioni, ma continuano a muoversi in direzione dell’eliminazione del glifosate dal mercato, per paura del feroce mobbing che questa lobby ha creato in ogni parte dell’Europa.

Mi vergogno che personaggi come Carey Gillam dell’USRTK, Martin Pigeon di CEO e Bart Staes del Green Party, erano ieri al Parlamento Europeo condannando Monsanto e mettendo in dubbio la sicurezza del glifosate quando conoscevano benissimo le bugie e l’inganno del lavoro disorganizzato di IARC e di Christopher Portier (seduto accanto a loro), su cui si appoggiavano le loro intere campagne.

È triste che oggi s’ignori il fatto che l’intero attacco a glifosate si basi su menzogne ​​e avidità e senza fatti scientifici, e domani, Carey, Martin, Bart e migliaia di altri lobbisti attivi e ben pagati torneranno e metteranno tutto il loro odio e l’energia per vietare un prodotto agricolo che dà benefici, non per ragioni ambientali o per la salute pubblica, ma semplicemente per vincere… per vincere una campagna cinica finanziata da un settore che sta costruendo il proprio mercato creando paura nei consumatori.

È triste pensare che domani tornerò, invano, a cercare di convincere la gente a vedere queste menzogne​.

Suppongo che l’integrità non paghi l’affitto.

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Di seguito, la traduzione dell’interrogatorio a Christopher Portier: non c’è bisogno di commentare, l’ha già fatto David Zaruk. A noi basta leggere.

Pagina 75

D. Lei ha lavorato per più di sette mesi come consulente pagato per l’avvocato dei ricorrenti in questa controversia, è corretto?
R. È corretto.
D. Lei è stato ingaggiato come consulente privato per l’avvocato dei ricorrenti nove giorni — entro nove giorni dalla pubblicazione dell’articolo di The Lancet che annunciava la classificazione 2A del glifosato della IARC, è corretto?
R. Mi dice dov’è la data?
D. Possiamo mostrargliela.
R. Eccola qui, 29 marzo del 2015.
Sembra che sia così.

(Commento di David Zaruk) Sembra una sorta di porta girevole: prima un lavoro per classificare una sostanza, poi un lavoro per perseguire le aziende.

Pagina 96

… Diceva che è avvenuto quattro mesi, credo, più o meno, dopo che sono stato pagato dall’avvocato dei ricorrenti per giudicare la valutazione dei rischi dell’EPA, è corretto.
D. Ed entro quella data, di fatto, lei ha inviato tre fatture separate all’avvocato dei ricorrenti per il suo lavoro nella controversia sul glifosato, è corretto?

AVV. GREENWALD: Obiezione, forma.

R. Mi dice di nuovo in che data?
D. Ottobre del 2016?
R. Ottobre 2016.
Sì, ho inviato tre fatture.
D. Nel giugno 2017, che è l’ultima fattura che abbiamo, lei ha addebitato all’avvocato dei ricorrenti qualcosa più di USD 160.000 per il suo lavoro nella preparazione delle analisi del glifosato, è corretto?

AVV. GREENWALD: Obiezione, forma.

R. Non ho idea di quale sia il totale, ma può essere. È una somma ingente.
D. E da allora — come ho detto l’ultima fattura che abbiamo è datata, credo che sia del 18 giugno 2017, per il periodo — fino al 13 giugno 2017.

(Commento di David Zaruk) Non ha idea di quale sia il totale??? Io di un accredito di 160.000 dollari sul mio conto me ne accorgerei!

Pagina 99

…. Una release del sottogruppo Clark dell’EPA sul glifosato che è stata pubblicata, credo, nel marzo o giugno o aprile del 2016, mentre i commenti fatti in seguito quell’anno erano sul progetto di valutazione dei rischi dell’EPA.
D. Torniamo all’e-mail del 30 giugno 2016.
Lei ha detto che era un riesame di un documento di due pagine?
R. Fattura del 30 giugno —
D. 2016.
R. È un documento tecnico di due o tre pagine, sì.
D. Lei ha addebitato all’avvocato dei ricorrenti 19 ore per il riesame di quel documento, è corretto?
R. Sì.
D. Dunque lei ha impiegato 19 ore per riesaminare un documento di due pagine?

AVV. GREENWALD: Obiezione sulla forma.

R. Se lei ha il documento possiamo dare un’occhiata al tempo. Ma è un documento molto tecnico. Richiede di tornare indietro e analizzare la sperimentazione sugli animali,

(Commento di David Zaruk) Mi chiedo quanto fatturerà Chris per leggere il mio blog…

Pagina 132

D. Nella sua presentazione visuale al Ramazzini Days, nella conclusione lei afferma che — lei parla di attività economicamente motivate che hanno influenzato le ricerche scientifiche sul glifosato, è corretto?

AVV. GREENWALD: Obiezione, forma.

R. Qualche volta dovrei prestare più attenzione a quel che scrivono i miei coautori. È quello che dice.
D. Lei non rivela in alcun punto di questa presentazione visuale il suo ruolo di esperto pagato per l’avvocato dei ricorrenti nella controversia di diritto privato contro Monsanto, vero?

AVV. GREENWALD: Obiezione, forma.

R. Non specificamente. Mi presento come consulente sulla salute dell’ambiente.
D. Di nuovo, solo perché sia chiaro, Lei non rivela il fatto che era un consulente pagato dall’avvocato dei ricorrenti nella controversia di diritto privato contro Monsanto?
R. È corretto.

(Commento di David Zaruk) Ma come osano questi scienziati essere motivati da interessi economici?

Pagina 82

D. Il 29 marzo 2015 lei ha convenuto che non avrebbe rivelato il suo lavoro per l’avvocato dei ricorrenti a mass media, riviste specializzate, pubblicazioni professionali, pubblico e altri presunti esperti, è corretto?
R. Corretto.
D. Lei ha convenuto di incaricare l’avvocato dei ricorrenti di rappresentarla se qualcuno avesse cercato di costringerla a rivelare questa informazione, è corretto?
R. Credo che sia quello che dice la parte C.
D. E lei ha iniziato a fatturare all’avvocato dei ricorrenti il suo tempo il — e questa è la prima fattura allegata — 17 giugno 2015, è corretto?
R. Sì.
D. Lei ha avuto una riunione con il sig. Lundy il 17 giugno 2015, e poi un secondo meeting con il sig. Lundy e l’avv. Greenwald il 19 giugno 2015, è corretto?
R. È corretto.
D. Il 19 ottobre 2015 lei ha inviato all’avvocato dei ricorrenti una fattura per il suo lavoro per loro conto da giugno 2015 a ottobre 2015, è corretto?

Pagina 83

R. Sì.
D. E lei ha lavorato come consulente pagato dall’avvocato dei ricorrenti per tutto il tempo in cui lei ha discusso del glifosato con gli organi di regolamentazione negli Stati Uniti e in Europa, è corretto?

(Commento di David Zaruk) Mi chiedo cosa pensa di tutto ciò San Martino della Trasparenza [Martin Pigeon, del Corporate Europe Observatory]. Sono certo che cercherà di raccontarcela!

D. Lei inizia la sua deposizione all’EPA nell’ottobre 2016 con un disclaimer, è corretto?
R. Questo lavoro era stato fatto con una mia attività di ricerca personale e nel mio tempo libero. Sì.
D. E Lei afferma — Lei ha detto all’EPA, e a chiunque altro stava assistendo alla sua deposizione, che non aveva, cito, “ricevuto alcun rimborso per alcuno di questi

Pagina 89

… commenti, è corretto?
R. È corretto.
D. E durante lo stesso periodo di tempo, lei aveva dichiarato pubblicamente, cito, nessuno mi ha pagato un centesimo per fare ciò che sto facendo con il glifosato. Non ho alcun tipo di conflitto, è corretto?

AVV. GREENWALD: Obiezione, non è ciò che dice questo.

D. Diamo un’occhiata a questo documento.

(Commento di David Zaruk) Ci sono volute quattro pagine all’avvocato della difesa per convincere Chris che aveva mentito con sfacciataggine.

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Di seguito, la traduzione dell’inserzione pubblicitaria a pagamento dello studio legale Weitz & Luxemberg:

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[ Ritaglio di giornale ]

 

L’inserzione dello studio legale Weitz & Luxemberg P.C.

 

<<Attenzione!

Applicatori di erbicidi e agricoltori!

Vi hanno diagnosticato un cancro, dopo che siete stati esposti all’erbicida glifosate?

Se sì, lo studio legale Weitz & Luxemberg P.C. è interessata a parlare con voi immediatamente, perché potreste essere candidabili a una compensazione finanziaria.

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha recentemente riconosciuto che glifosate, l’ingrediente attivo dell’erbicida Roundup, ha il potenziale di causare il cancro negli Umani. Altri erbicidi che contengono glifosate sono Rodeo®, Aquanet® e Aquastar®.

Glifosate è stato usato nella coltivazione di mais, soia, barbabietola da zucchero, erba medica, cotone, grano, sorgo, colza e molte altre colture.

In circa tre decadi Weitz & Luxemberg P.C. ha rappresentato migliaia di individui danneggiati dall’esposizione a prodotti tossici e sono desiderosi di parlare con voi circa il vostro possibile caso. Per un consulto confidenziale e gratis chiamate al xxxxxxxx, o visitate il nostro sito yyyyyyyy

(Caccia alle vittime del cancro: in caratteri minuscoli: “Se non viene concesso un indennizzo, non si addebitano né spese né onorari!”)

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Gli imbonitori dei circhi, del resto, solevano dire:

Venghino venghino! Siòr siòri! Più gente c’è, più bestie di vedono!

Disclaimer 1: nessun commento è ammesso. La spiegazione qui

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Glifosate: la solitudine dello Iarc

Iarc del tutto isolato: tutti gli altri pareri sono opposti al suo

Nel 2015 Iarc produsse una monografia su glifosate e stabilì che andasse collocato in Gruppo 2A, ovvero i “Probabili cancerogeni”. Nei due anni successivi Epa americano, Efsa ed Echa europei, Bfr tedesco, gruppi congiunti di lavoro Oms/Fao e perfino le Autorità australiane dissero no, non è un probabile cancerogeno. Come stanno le cose?

Sono ormai passati due anni da quanto Iarc (International Agency for Research on Cancer) pubblicò la propria monografia su glifosate, l’erbicida al centro di colossali attacchi di media, associazionismo ambientalista e perfino della politica italiana e francese, per lo meno in Europa. Peraltro, il lavoro venne svolto su diverse molecole, come tetrachlorvinphos, parathion, malathion e diazinon, ma di queste non si parla ovviamente mai.

Da allora è successo di tutto, perfino una class action contro Monsanto, portata in tribunale da chiunque si ritenesse colpito da glifosate. Una pratica che in America sta divenendo quasi imbarazzante, grazie all’opera di studi legali che si sono opportunisticamente specializzati in tale settore.

Peccato, o per fortuna, che innumerevoli altre voci si siano aggiunte al tema. Voci che tutte in coro hanno detto no, glifosate non è cancerogeno.

Fra queste figura il più volte confermato parere dell’Epa americano, ovvero l’Environmental Protection Agency, ma anche delle Autorità australiane e di quelle europee, come il parere dell’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), quello di Echa (European Chemicals Agency) e quello del Bfr tedesco, ovvero l’istituto cui è demandata la valutazione del rischio delle sostanze attive e che ha dato anch’esso luce verde a glifosate nel Vecchio Continente.

A ciò si aggiungano i pareri dei gruppi congiunti di lavoro Fao/Oms, ovvero la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui Iarc, peraltro è una costola.

Tutti, ma proprio tutti, han detto che no, glifosate non va considerato un “probabile cancerogeno”. Quindi, per quanto si comprenda che in questi casi il riflesso condizionato sia quello di dire che sono tutti al soldo di Monsanto, rinunciateci. Non si può corrompere il Mondo intero, nemmeno volendo. Men che meno se sei un’azienda che fattura a livello globale poco più di Coop in Italia.

Perché allora Iarc continua a insistere sulla propria posizione? Molto vi sarebbe da dire proprio sui processi di valutazione della molecola, viziati per esempio da fastidiosi conflitti di interesse di una persona che ha pesato in modo significativo nel gruppo di lavoro, tal Christopher Pointers, il quale aveva attaccato spesso Monsanto e glifosate.

Secondo un’inchiesta di Agrarian Science, Pointers sarebbe infatti stato un funzionario della ong antifitofarmaci Edf, acronimo di Environmental defense Funa, mentre diveniva addirittura presidente del comitato consultivo di esperti dello Iarc sulla scelta delle priorità da seguire e tra queste vi è stato proprio, casualmente, glifosate.

Così come non sarebbe accettabile che a influire sui gruppi di lavoro Iarc ci fosse un dipendente di Monsanto, non si capisce perché ci potesse essere un attivista ambientalista di cui era manifesto l’odio per la molecola oggetto di valutazione e per la Società che lo ha inventato.

In più si scopre che tal Aaron Blair, epidemiologo del U.S. National Cancer Institute, abbia ammesso in tribunale l’esistenza di studi a favore di glifosate, mai pubblicati, che avrebbero potuto giocare a favore della molecola in sede di valutazione Iarc. Blair non ne fece nemmeno cenno durante il meeting di un paio di settimane che ebbe con i 17 membri dello Iarc che stavano valutando l’erbicida.

Lo Iarc valuta infatti solo studi pubblicati (rischio notevole, visti i crescenti imbarazzi che il mondo editoriale scientifico sta proponendo, tra studi farlocchi o addirittura falsificati), quindi gli studi da tempo in possesso di Blair non potevano essere fatti valere. E la domanda quindi è: perché Blair non ha mai pubblicato quegli studi? E cosa avrebbe fatto se, al contrario, tali studi avessero deposto a danno di glifosate? Forse lo scopriremo solo alla fine della storia.

Infine, Iarc ha preso in esame studi effettuati anche su formulati commerciali, anziché limitarsi alla sostanza attiva. Approccio irrazionale, questo, perché i formulati cambiano nel tempo. Infatti, i prodotti presi in considerazione da Iarc contenevano un co-formulante a base di ammine di sego (tallow ammine), le quali conferivano alla sostanza attiva una maggiore aggressività non solo nei confronti delle cellule vegetali, ma anche di quelle animali. Da anni tali additivi nei formulati non ci sono più, per lo meno nei più moderni, autorizzati nei Paesi civili, come quelli europei. La prima formulazione di glifosate senza ammine di sego in Italia risale infatti al 1998. Ovvero 17 anni prima delle valutazioni fatte da Iarc.

Quindi gli studi su cui si è basata l’Agenzia sono per lo meno obsoleti e non più attendibili essendo cambiato proprio l’oggetto del contendere.

A parte però tutto quanto sopra, ammettendo perfino che Iarc abbia lavorato in modo eccellente e che le sue conclusioni fossero perfettamente attendibili (atto per cui ci vuole in effetti uno sforzo notevole), cosa cambierebbe? Nulla. Perché Iarc valuta la pericolosità intrinseca di un agente fisico o di una molecola, non il rischio reale che tale effetto negativo si verifichi.

Non a caso, in Gruppo 2A (probabili cancerogeni), lo stesso di glifosate, ricade perfino l’acqua calda, per lo meno sopra i 65° centigradi. Quindi, se stessimo alla campagna di odio contro glifosate, dovremmo abolire anche il the e il brodo di carne. Anzi, visto che le carni rosse sono anch’esse in Gruppo 2A, un bel brodo caldo di carne dovrebbe essere quanto di più cancerogeno si possa ingerire…

Ragionando per assurdo, se lo Iarc valutasse la pericolosità di oggetti e tecnologie, forse metterebbe in Gruppo 1 (sicuramente mortali) gli smartphone, perché la cronaca è piena di incoscienti che si sono schiantati facendosi selfie mentre guidavano. E magari metterebbe in Gruppo 2A il modello di macchina guidato e perfino il muro contro cui si sono ammazzati i furbacchioni malati di selfie. Il loro pericolo intrinseco di causare le morte è infatti accertato. E tanto basta allo Iarc: il pericolo intrinseco accertato.

In realtà, l’unica “colpevole” sarebbe da ricercare nel comportamento superficiale e imprudente delle vittime. Se tieni il cellulare in tasca e non ti fai selfie mentre guidi non rischi nulla, pur essendo dimostrato che gli smartphone possono causare incidenti mortali quando usati in modo improprio. Folle quindi chiedere l’abolizione di smatphone, automobili e magari dei muri, perché questi avrebbero causato la morte di persone.

Ecco, il concetto fondamentale su cui ragionare è l’uso proprio oppure improprio di glifosate, come di qualsiasi altra cosa. Se in Argentina irrorano con gli aerei sopra la testa della gente, lo si può considerare un uso consono? Soprattutto, se misceli insieme a glifosate 3-4 altri prodotti fitosanitari tra fungicidi e insetticidi, a dosi da cavallo, perché si parla sempre e solo di glifosate, come se in quell’aereo fosse stato caricato solo lui? La puntata delle Iene dedicata all’Argentina di spunti di analisi ne ha infatti offerti moltissimi.

Forse si parla solo di glifosate, in modo ossessivo, solo perché se si dicesse che quei poveracci vengono bombardati settimanalmente con 5-6 prodotti diversi, di cui glifosate è il meno tossico peraltro, il pubblico rischierebbe di interrogarsi sull’onestà di chi riporta tali notizie, chiedendosi perché a fronte di tali misceloni di prodotti si punti sempre e solo il dito su uno solo.

Perché dopo anni di valutazioni e di letture, non si può concludere altro che quella contro glifosate non è solo una campagna ignorante, bensì spesso disonesta.

E a chi pensasse: “Se ti piace tanto glifosate, allora bevitelo!“, frase che spesso qualche idiota mi rivolge, prendete la candeggina che avete in casa, quella con cui lavate il pavimento e disinfettate il sifone del water, e provate voi a farvene un cicchetto. Ve lo sconsiglio vivamente, ça va sans dire. Perché mentre nessuno in Italia è mai stato spedito all’altro Mondo da glifosate, esiste una copiosa casistica di gente mandata all’ospedale o al cimitero dall’ipoclorito di sodio contenuto nella candeggina. Cioè quel prodotto di libera vendita di cui in Italia se ne usano centinaia di migliaia di tonnellate, trovandosi anche nelle piscine in cui facciamo il bagno e nei rubinetti da cui esce l’acqua che beviamo.

Perché sempre e comunque è il tipo di uso a fare la differenza tra correre rischio zero, o correrne uno mortale. Ed è sempre la dose che fa il veleno.

Un veleno che quando è mediatico, purtroppo, sembra privo di qualsivoglia antidoto.

 

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Le responsabilità degli irresponsabili

Sempre più frequenti gli atti eco-terroristici

Sempre più frequenti gli atti eco-terroristici

Si moltiplicano insulti, minacce e atti terroristici ai danni di chi produca o sostenga chimica agraria e biotecnologie. La follia è di pochi, tante invece le responsabilità, dirette e indirette

Ogni cosa per crescere va prima seminata, poi nutrita e infine irrigata. Solo così si possono ottenere i risultati sperati. Ciò vale in agricoltura, ma può valere anche contro di essa. I continui attacchi mediatici a chimica e biotecnologie stanno infatti ottenendo due effetti molto differenti fra loro, ma intimamente interconnessi. Il primo si sviluppa a livello politico e sociale, mostrando come sintomi tangibili le prese di posizione abolizioniste – tendenti a volte al forcaiolo nei toni – assunte da interi schieramenti parlamentari e pure da alcuni Ministri italiani. Perfino da quelli che, come Maurizio Martina, dovrebbero guardare a chimica e genetica agraria con occhi prettamente scientifici, avulsi cioè da opportunismi elettoral populisti. Il secondo effetto, fattosi ancor più bullo grazie al primo, mostra un crescendo di comportamenti folli e delinquenziali, quasi trovasse legittimazione proprio nel clima inquisitorio e perennemente allarmista che asfissia una gran parte delle tecnologie agrarie.

Ultimo della serie, un uomo di 36 anni, Noel Cruz Torres, ha fatto irruzione nella sede Pioneer Hi-Bred di Salinas, a Puerto Rico, lanciando bombe molotov fino a che la polizia non lo ha steso con i taser. Non prima di aver steso lui un lenzuolo con la scritta  “Alzati Boricua è il tempo di difendere il nostro Paese. Viva Puerto Rico libero!“. Un pazzo, si dirà. E in effetti ci sta. Ma le vere domande sono: perché se l’è presa con Pioneer per sfogare i propri disagi? Cosa è scattato nel cervello di Noel Cruz Torres perché si sia alzato, abbia preparato delle molotov e abbia immolato la propria libertà pur di attaccare la multinazionale americana?

Le risposte potrebbero essere molteplici. Di certo, non è stato un embolo improvviso, scaturito per caso mangiando nachos di mais transgenico. Gesti come il suo hanno origini lontane, nascono da minuscoli semi i quali, adeguatamente coltivati, divengono terrorismo. E così, come gli attentatori filo-Isis di Parigi e Bruxelles non sono certo nati dal nulla, bensì da un substrato di odio continuamente fomentato da spregiudicati ideologi, Noel Cruz Torres è nato anch’egli in un maleodorante humus intriso d’odio. Un terreno fertile, questo, reso sapientemente incandescente da altri ideologi, da altri scaltri manipolatori, ovvero dagli Imam delle nuove religioni: quelle ecologiste, animaliste e salutiste.

Quanto ha infatti contato nel gesto di Noel, domando, il continuo bombardamento anti-chimica e anti-biotech che infesta media e social network? Di quanti gradi sono saliti i gradi nel suo cervello grazie ai mantra ossessivi contro le multinazionali padrone del Mondo, affamatrici di poveri, distruttrici di ambiente e salute?

Impossibile stimarlo con precisione, ma sicuramente è possibile attribuire una bella fetta di responsabilità a tutti coloro che fanno attivismo compulsivo, creando allarmi anche dove non ci sono, gettando continuamente benzina sul fuoco, magari infarcendo i propri argomentari con pannocchie iniettate di liquidi colorati o di maschere anti gas indossate per mangiare una mela. Oppure creando vere e proprie bufale, come quella degli olivi ogm del Salento e del glifosate come causa delle morie di ulivi. Senza dimenticare le accuse a piriproxifen, un insetticida, di essere responsabile della microcefalia in Brasile, una patologia causata invece da un virus trasmesso dalle zanzare. Dulcis in fundo, tumori e altri malacci sbattuti là un po’ dovunque, ovviamente, se no il popolino rischia di non ascoltarli più i Cavalieri dell’Apocalisse incipiente. Un’Apocalisse che mai si verifica, ovviamente, per lo meno analizzando gli ultimi duemila anni della storia dell’Umanità.

Se oggi quella povera anima di Noel Cruz Torres viene sdoganato semplicisticamente come pazzo isolato, come sempre accade in tali situazioni, come vanno catalogati i cosiddetti “antagonisti” che hanno messo due volte nel mirino l’Efsa di Parma? La prima invadendone la sede al fine di intimidire l’Agenzia in tema di ogm, sui quali essa ha sempre espresso pareri scientifici favorevoli. La seconda inviando una bomba camuffata da lettera, guarda caso nel bel mezzo della diatriba fra Iarc ed Efsa su glifosate. Perché se non dici ciò che gli ambientalisti vogliono, nel migliore dei casi vieni criticato aspramente, nel peggiore ti becchi una bomba.

Ben lo sanno le quattro vittime di analoghe missive esplosive che nel 2015 vennero inviate ad altrettanti membri della Alianza Protransgénicos, un’associazione messicana di tecnici, professori universitari e agronomi che sostengono gli ogm. Al grido “O l’Umanità ferma Monsanto, o Monsanto fermerà l’Umanità” gli sono state spedite quindi bombe. Così imparano a dire che gli ogm non sono il Male Assoluto, come viene pervicacemente rimbalzato dalle lobby  ambientaliste nonostante le 15 mila pubblicazioni scientifiche che le smentiscono.

Ma poi, suvvia, al di là del deprecabile gesto da minorati mentali e morali di mandare ordigni a padri di famiglia, davvero credete che il Male sia Monsanto? Una multinazionale che fattura a livello globale quanto incassa Coop in Italia? Se proprio volete fare gli eco-terroristi, almeno documentatevi prima sugli ordini di grandezza dei mulini a vento che nel vostro delirio avete deciso di attaccare.

Non ha invece ricevuto bombe Kevin Folta, ma “solo” minacce di aggressioni e di morte. Folta è professore del Dipartimento di Scienze Orticole dell’Università della Florida ed è stato “fortunello”, perché fatto oggetto solo di mail-bombing, stalking, insulti, minacce, per la sua attività divulgativa a favore delle tecnologie agrarie, sia chimiche, sia genetiche. In particolare, Folta è stato messo al centro del mirino dal cosiddetto “Food Babe Army,” uno sparuto ma esaltato esercito composto dai seguaci di Vani Hari, ovvero la Regina americana delle pseudoscience sul cibo. Food Babe, questo il nickname di Vani Hari, è anche maestra del cosiddetto “fear mongering“, cioè la tattica che usa la paura per fomentare odio verso qualcosa, oppure per orientare le scelte del popolo. Al suo confronto, Vandana Shiva è l’amministratore delegato di Syngenta. Come reazione, Folta ha dovuto sospendere le proprie attività di divulgazione “anti-cazzari”, salvo poi tornare, smaltita la paura per sé e per la famiglia.

Analoga sorte è toccata a Jay Cullen, professore presso l’Università della British Columbia. Anch’egli costretto dalle minacce di morte a sospendere la propria attività come divulgatore anti-ecoterroristi. La sua colpa? Aver dimostrato che lungo le coste degli Stati Uniti non vi era traccia delle millantate radiazioni fuoriuscite dalla centrale di Fukushima. Gli ambientalisti stavano infatti terrorizzando da mesi la popolazione nordamericana con bieche falsità inventate di sana pianta. Zero. Non c’erano, le radiazioni. Cullen lo ha misurato e pubblicato ed ha per questo ricevuto minacce di morte, per sé e famiglia. Perché gli eco-terroristi son fatti così: se dimostri coi fatti che sono dei farabutti, dei disonesti, degli ignoranti, dei disadattati sociali e mentali, rispondono con le minacce, anche di morte.

Orbene, care lobby ecologiste che amate presentarvi come la “faccia pulita del Pianeta“, i buoni che combattono il Male: come li definite i soggetti di cui sopra? Sono forse “compagni che sbagliano“, come vennero definiti i Brigatisti Rossi da parte di quel Comunismo parlamentare in cui essi affondavano le proprie radici culturali?

Oppure vi sentite del tutto separati da ciò che fanno e dicono, tanto da non riconoscere più nemmeno le suddette radici comuni su cui le vostre azioni, per quanto distinte, si fondano?

Se ancora non ve lo aveva detto nessuno, ve lo dico io ora: i cervelli dei soggetti di cui sopra sono sì bacati, su questo non ci piove. Ma il virus che anche per tale ragione vi si è installato con facilità ha il medesimo dna di molti vostri attivisti. O magari anche dirigenti, perché no? Gente che forse le bombe non è abbastanza folle per metterle, ma che tutto sommato gongola quando viene a sapere che qualcuno, quelle bombe, pur le ha messe.

Non pensiate quindi di essere intangibili da qualsiasi polemica in tal senso. Perché personalmente non vedo grandi differenze fra un matto che si mette nei guai tirando molotov alla Pioneer e degli attivisti di Greenpeace che calpestano il Colibrì di Nazca, patrimonio dell’Umanità, solo per stendere uno dei soliti striscioni anti-qualcosa.

La musica è la stessa, non ci provate neanche a dire che non è così. Semplicemente, è solo il volume con cui viene suonata ad essere più alto o più basso a seconda dei casi. Ecco perché definirvi non violenti per scavare fossati identitari fra voi e loro, ai miei occhi appare come mettersi il deodorante invece di lavarsi.

Pensate a questo, la prossima volta che sarete tentati di fomentare ulteriore allarmismo gratuito, facendo magari altre “inchieste” sul glifosate nella birra o negli assorbenti intimi. Oppure generando paure sui residui di agrofarmaci nelle mele, sebbene questi fossero tutti regolari per Legge. Perché la gente, là fuori, si spaventa. Ovvio che ciò lo sapete benissimo, come pure sapete altrettanto bene che tale paura viene comoda alle vostre istanze. Ma siamo onesti: non è comportamento condivisibile, né scientificamente, né socialmente, né mediaticamente, né politicamente.

Diventate finalmente adulti e responsabili, perché è l’ora che la finiate di ficcare continuamente delle mine sotto i pilastri della Civiltà Occidentale, anche quando tali mine non abbiano alcun senso e motivazione reale. Perché non esiste auto promozione associazionista che valga l’impaludamento del progresso, né tanto meno l’incolumità di brave persone.

E, magari, ora scrivetegli due righe a quel povero mentecatto di Noel Cruz Torres. Per scusarvi se per caso ha male interpretato le vostre istanze, come pure per spiegargli che la lotta a favore dell’ambiente non si fa con le molotov. Lui forse non capirà, perso nei suoi deliri scritti sui lenzuoli, ma sarebbe comunque un segnale simbolico di alto valore in un Mondo sempre più in balia di gente come Vani Hari & soci. Soci dai quali non potete più esimervi dal prendere distanze materialmente misurabili, invece di chiudervi in silenzi assordanti in occasione di tali misfatti, o di limitarvi a qualche commento circostanziale di condanna che suona più come il risultato di un compositore automatico di testi, anziché di sentimenti autentici.

 

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